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«Mio padre cacciatore e quella pianura che adesso fa paura»

Il fantasma di Vaclavic aleggia tra la gente Vorrei andasse in cella, non che venga ucciso

M io padre è stato cacciatore. E poi pescatore. E i luoghi delle sue battute e delle sue escursioni nel Delta, verso il Po della gnocca, sono quelli dove oggi si muove e si nasconde l'assassino. E sono anche i luoghi dove è nata e vissuta, da ragazza, mia madre; e che Pupi Avati e mia sorella in questi giorni hanno descritto. Scrive Avati: «È una zona dove le favole contadine trovano un loro habitat dalla verosimiglianza assoluta. Un paesaggio che negli anni è rimasto quasi uguale, mentre l'Emilia è cambiata tanto: andando da Bologna a Milano ormai è un continuum di strutture , capannoni, svincoli autostradali. La parte che va verso il ferrarese invece è pù rimasta legata al passato: ha un fascino anche enorme, territori in cui non sai mai se è terraferma o palude. E rischi anche tanto... Non vorrei avere una casa da quelle parti adesso:questa persona incombe su tutto e su tutti... Sono luoghi fascinosi e spaventevoli, non so come ci si faccia a vivere».

Mio padre vive lì; e ha paura. Mio padre è armato. Ha la pistola di quando fu soldato. Ha i fucili da caccia e da tiro al piccione. Ho pensato allora di dargli una scorta di tre uomini armati, e pronti a sparare. E vorrei essere lì, e vederlo, l'assassino, l'infame; e non ucciderlo, ma ferirlo, sparargli alle gambe. Primo, perché mi ripugna uccidere; poi perché voglio che sconti in galera la sua condanna, vergognandosi e pentendosi. Non accadrà; ma temo che non verrà catturato. Verrà giustiziato, appena alzerà la testa, ben visibile su quella pianura, infinitamente piatta.

La sua presenza inquieta, il suo fantasma è entrato nei pensieri; e se non sarà individuato, se è riuscito a fuggire altrove, rimarrà nella testa come una minaccia, come il mostro di Molinella, o il fantasma di Marmorta, o il killer di Portomaggiore. Se non lo prendono entrerànella leggenda. E si aggirerà nelle coscienze prima che nelle campagne. Mia sorella, che ogni fine settimana va a trovare suo padre che ha vissuto in quelle terre per quasi settant'anni, con mia madre, e che su di lei, nata a Santa Maria di Codifiume nei pressi di Argenta (dove si nasconde l'assassino) ha scritto, come fosse ancora con lui, il memoriale «Lei mi parla ancora», mi chiede cosa penso, e mi trasmette l'agitazione di mio padre, sempre sereno nella sua casa. Interrogata sulla situazione in paese ,ha risposto: «Anche qui c'è preoccupazione, molte abitazioni e locali sono isolati, di notte è impossibile un presidio di polizia capillare.

Cala il silenzio, la distanza tra un casale e l'altro sembra amplificarsi. In me, e in mio padre, crea inquietudine che la metafisica delle linee geometriche del paesaggio sia attraversata da un Rambo russo omicida». Colpire, colpire, colpire!

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