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Il miracolo che smentisce le profezie

Miracoli e stranezze del pallone: lo stadio calcistico fa regredire allo stadio dell'infanzia, ma a volte costringe perfino a fare i conti con identità multiple e fedeltà confliggenti

Il miracolo che smentisce le profezie

Miracoli e stranezze del pallone: lo stadio calcistico fa regredire allo stadio dell'infanzia, ma a volte costringe perfino a fare i conti con identità multiple e fedeltà confliggenti. Accade a Monza e ai monzesi, che vedono nel loro futuro un'anima divisa in due. Nel passato e da sempre, come nel caso dei pianeti che viaggiano su orbite diverse, il tifo per la squadra di casa non ha mai interferito con quello per la «grande» d'elezione. Si poteva essere milanisti o interisti al 100% e tifare i «bagaj» biancorossi con uguale dedizione. Nella prossima serie A non sarà altrettanto facile. E non c'entrano solo le squadre lombarde. Per reazione alla grande e ingombrante Milano, appena 15 chilometri più a Sud, i brianzoli sono sempre stati in massa juventini, lo ha spiegato più di una volta Adriano Galliani: c'è stato un periodo in cui gli Juventus Club erano in proporzione più numerosi di quelli piemontesi. Dal prossimo campionato qualche scelta bisognerà farla.

Per i monzesi una realtà quasi impensabile. Anche perché, almeno i più vecchi, alla serie A fanno ancora fatica a crederci. In qualche sottoscala della memoria molti conservano il ricordo del quinquennio maledetto, alla fine degli Anni '70: per quattro volte serie A sfumata dopo uno spareggio o all'ultima giornata e subito di seguito, come una coltellata improvvisa, la retrocessione in serie C. Il frammento del film di Renato Pozzetto che ha spopolato in Rete nelle ultime ore rende bene quest'umore. Nella pellicola, «Agenzia Riccardo Finzi... praticamente detective», del 1979 (anno dello spareggio perso col Pescara), Pozzetto si rivolge a Lory Del Santo con le parole destinate a rimanere scolpite nella roccia: «Io sono del Monza, non riusciremo mai a venire in Serie A». Allora tra i tifosi delusi e infuriati c'era sempre chi alludeva insinuante alle scarse ambizioni della proprietà, poco propensa a misurarsi con gli investimenti dei grandi club. Oppure chi richiamava il karma non esattamente positivo del vecchio Sada, il piccolo stadio di un tempo, in cui i palloni finivano sui binari della vicina stazione, nato come camposanto e riciclato come piazza d'Armi per la Gioventù italiana del Littorio. Roba da confrontare con le grandi maledizioni sportive, quelle dei Red Sox nel baseball o del Benfica per tornare al calcio.

Ma ormai è un discorso del passato, la sfortuna è finita. Bisogna guardare avanti.

Ricordando le sfide con il Lecco e la Solbiatese, è ora, come dice Berlusconi, di pensare allo scudetto e alla Champions.

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