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La missionaria italiana uccisa a colpi di machete

Gli inquirenti: "Delitto inspiegabile, Nadia era per tutti un angelo". Rubati i suoi due cellulari

La missionaria italiana uccisa a colpi di machete

Assassinata brutalmente, nel cuore della notte, con diversi colpi di machete. Nadia De Munari, 50 anni, missionaria laica italiana originaria di Schio, in provincia di Vicenza, è stata uccisa in Perù, a Nuevo Chimbote, sulla costa centro-settentrionale. È l'ennesimo caso di missionari e volontari uccisi nel Sud del mondo mentre svolgono il loro servizio per le popolazioni più povere. Nadia, infatti, si trovava nel Paese sudamericano dal 1995; era responsabile del centro «Mamma mia» realizzato da padre Ugo De Censi, fondatore dell'operazione Mato Grosso. Una struttura che si occupa di assistere, con pacchi alimentari, i minori e le madri in difficoltà. Nadia in particolare aiutava i poveri delle baraccopoli e gestiva sei asili, con 600 bambini, e una scuola elementare nel quartiere povero della cittadina. La notizia, rimbalzata dapprima sui media locali e poi confermata dalla Farnesina, ha scioccato il paese originario della donna, in Veneto. «Nadia è una martire», ha detto la madre della missionaria uccisa. Non sono ancora chiare le dinamiche dell'assassinio. L'ambasciata italiana a Lima segue da vicino le indagini ed è in contatto con i familiari della connazionale. È stata trovata da altri volontari la mattina in una pozza di sangue. Trasportata in un ospedale della capitale peruviana, dopo sei ore di viaggio, è stata subito sottoposta a un intervento chirurgico, ma è morta poco dopo. Per la polizia locale, che ha rilevato molte tracce, anche ematiche, nella stanza della donna, potrebbe essersi trattato di una rapina finita male. Ma secondo un'altra pista l'aggressore sarebbe da ricercare all'interno della struttura. Ma ancora non ci sono ipotesi certe.

Un'aggressione, secondo i media locali avvenuta con un'ascia e una sbarra metallica, definita tuttavia «inspiegabile» visto che Nadia «era amata da tutti». Al momento non ci sono testimoni, perché l'agguato è avvenuto di notte e le ragazze che vivono in casa con la donna dormono in un'altra ala della struttura e non hanno sentito nulla. La polizia ha comunque interrogato cinque persone presenti nella struttura, tra cui un cittadino italiano. Anche un'altra donna, Lisbet Ramirez Cruz, è stata aggredita e gli investigatori ritengono particolarmente utile la sua testimonianza. Dalla casa famiglia sono spariti anche due cellulari.

«La mamma di Nadia - ha raccontato don Gaetano Santagiuliano, parroco di Schio - ha detto che la figlia è una martire. Parole che non potrebbero essere più vere perché Nadia ha donato la sua vita, ci ha messo il sangue».

Il paese vicentino è sotto choc. «Nadia tornava a casa ogni due tre anni ed era entusiasta, orgogliosa del servizio che faceva con l'operazione Mato Grosso», ha aggiunto il parroco. «Un raggio di sole, una seminatrice, ha seminato bontà», racconta una delle due sorelle di Nadia, Vania De Munari. «Lei ricordava sempre, a tutti noi e ai suoi nipoti, di essere buoni. La generosità e la bontà: questo si semina, il resto distrugge». I familiari chiedono ora che la salma venga rimpatriata in Italia. Ma prima ci sarà l'autopsia. «Vogliamo Nadia qui, vogliamo giustizia per Nadia, non sia dimenticata in nessun modo», chiede con forza Katia De Munari, assessore al Comune di Schio e cugina di Nadia. «Sei sempre stata il sole per tutti noi, hai dedicato la tua vita ad amare ed aiutare il prossimo», scrive su Facebook.

«In quarant'anni di attività, cioè da quando il nostro Movimento è stato fondato da don Ugo De Censi, non abbiamo mai avuto aggressioni all'interno delle nostre case», dice Rosanna Stefani, volontaria e amica di sempre di Nadia.

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