Ma la missione è salvare l'uomo moderno

Sarebbe una grande ipocrisia ignorare il ruolo degli omosessuali. Non ci sono fughe in avanti, si affrontano i temi della modernità

Nella nuova aula del Sinodo la congregazione generale dei cardinali
Nella nuova aula del Sinodo la congregazione generale dei cardinali

Dio «è il Dio della legge ma anche il Dio delle sorprese». Parola di papa Francesco a Santa Marta. È un Dio che «mai ci dice che quello che aveva detto era sbagliato, mai, ma ci sorprende sempre». Sorpresa nella continuità, niente fughe in avanti. La dottrina non cambia. L'indissolubilità del matrimonio è salva. Ribadita anche la non equiparazione delle «unioni tra persone dello stesso sesso al matrimonio tra uomo e donna». Però le sorprese ci sono. A cominciare dall'accoglienza di «doti e qualità» che gli omosessuali «hanno da offrire alla comunità cristiana» (rinfreschiamoci la memoria con Pasolini e Testori). È vero, virtù e talenti prescindono dall'orientamento sessuale. Ma finora nella Chiesa non è stato esattamente così e la vera ipocrisia sarebbe non riconoscerlo. Anziché scandalizzarsi, certi dottori della legge «chiusi in se stessi e nei loro sistemi» potrebbero ricordare l'Udienza generale nella quale Benedetto XVI si soffermò sull'intercessione di Abramo affinché Dio non distruggesse Sodoma se solo vi avesse trovato dieci giusti. «Con la sua supplica, Abramo sta prestando la propria voce, ma anche il proprio cuore, alla volontà divina: il desiderio di Dio è misericordia, amore e volontà di salvezza», commentava papa Ratzinger. «Perché il Signore non vuole la morte del malvagio, ma che si converta e viva» (Ezechiele). Il Sinodo non sta arrovellandosi per decidere se gli omosessuali siano virtuosi quanto gli etero. Ma si chiede se sia giusto impedire la frequentazione della comunità cristiana a un uomo o una donna che lo vogliano pur convivendo con una persona dello stesso sesso. Gesù Cristo li escluderebbe dallo sguardo della misericordia?

Più delineato è il percorso verso la concessione dell'eucarestia ai divorziati risposati. Con geniale intuizione Maurizio Crippa ha scritto sul Foglio che è «l'articolo 18 della Chiesa». Come fai, sbagli. Perciò si insiste sulla necessità di un cammino penitenziale, molta attenzione ai figli di genitori separati, valutando caso per caso e lasciando decidere i vescovi. Se un uomo e una donna hanno sbagliato matrimonio e ora trovano un nuovo affetto ed equilibrio gli consentiamo di accedere all'eucarestia o gli neghiamo il Corpo di Cristo, cioè la sorgente sacramentale della vita cristiana? Davanti al disorientamento attuale contrapporre verità e misericordia come fanno certi «iteologi» è una lussuosa disputa intellettuale. Nel cristianesimo la verità è una Persona, il Figlio di Dio che ha scelto di diventare uno di noi. Non bastavano i dieci comandamenti, né testi impeccabili e una dottrina ortodossa ma cristallizzata. Avrebbero vinto i farisei. Il metodo dell'incarnazione e della prossimità è tutt'altro che «facilismo pastorale». A qualcuno piace pensare che il cristianesimo sia un sentiero irto di difficoltà. Ma Gesù, che sedeva a tavola con pubblicani e peccatori, parlava di «giogo dolce e carico leggero». Dio ci salvi dal dibattito tra conservatori e progressisti.

Aprendo il Sinodo Bergoglio ha esortato a «prestare orecchio ai battiti di questo tempo e percepire l'odore degli uomini d'oggi, fino a restare impregnati delle loro gioie e speranze, delle loro tristezze e angosce». La strada è segnata.

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