Mobbing democratico: quante umiliazioni ai centristi

Dalle unioni civili al Cara di Mineo, il Pd disprezza gli alleati. Ma loro incassano in silenzio

Mobbing democratico: quante umiliazioni ai centristi

Più che un alleato, un punching ball . Quelli del Pd sanno bene (lo conferma ogni sondaggio) che la liaison governativa con Ncd non porta voti ma li toglie. Dunque, è fondamentale non sembrare alleati, ma insieme nella stessa maggioranza quasi per caso, o per una spiacevole necessità (di voti al Senato). È così che, mentre il piccolo partito di Alfano è tormentato tra chi vorrebbe gettarsi definitivamente tra le braccia di Renzi e chi tornare nel centrodestra, dal Pd arrivano costanti umiliazioni, sgambetti, bordate sul piccolo alleato, senza però mai affondarlo del tutto, perché sennò rischia anche il governo. L'ultima stoccata arriva dalla voce angelica di Maria Elena Boschi, il volto gentile del renzismo. Il Cara di Mineo è roba di Ncd, lo ha gestito personalmente prima il sottosegretario Castiglione, fedelissimo di Alfano, e poi la nomenclatura locale Ncd, si trova in terra sicula dove Ncd raggiunge percentuali mai sfiorate altrove. Insomma, scagliarsi contro Mineo significa mettere Ncd sul banco degli imputati. Quello che fa, appunto, la Boschi: «Faremo le verifiche e valuteremo se chiudere il Cara di Mineo» dice la ministra. Silenzio dall'alleato, abituato però a queste cortesie. Come quando il Pd ha tenuto sulla graticola, rosolandolo per bene, il senatore Ncd Azzollini, votando in giunta sì al suo arresto, salvo poi fare il contrario in aula, per i motivi di cui sopra (va bene prendere a schiaffi Alfano&Co, ma il governo non deve cadere). Stesso copione, si direbbe, seguito per il senatore (sempre Ncd) Giovanni Bilardi, col Pd che ha votato il via libera agli arresti domiciliari nella Giunta per le immunità del Senato.

Renzi può permettersi di essere sprezzante, al limite del dileggio, con gli alleati alfaniani. Il punto di non ritorno si è raggiungo con l'elezione del Quirinale. Inizialmente Alfano era deciso a non votare Mattarella: «È una persona degnissima ma è una scelta maturata esclusivamente dentro il Pd, voteremo scheda bianca» annuncia durante i primi scrutini. Poi basta che Renzi alzi un po' la voce, e Alfano cede su tutta la linea compiendo un'immediata inversione a «U»: Ncd vota Mattarella e lui twitta «Ho votato con orgoglio siciliano Sergio Mattarella. Buon lavoro presidente!». E cosa succede come risposta ai malesseri esplosi in Ncd dopo la figuraccia? Renzi li umilia pubblicamente: «Chi ha da leccarsi le ferite lo faccia ma non c'è bisogno di discussioni polemiche, non sprecherò tempo coi partitini». Buum, altra mazzata in testa ai poveri alfaniani. A cui va riconosciuta una formidabile capacità di incassare colpi e restare in piedi. Anzi, seduti (sulle poltrone). Per dire, Scelta civica, trattata con lo stesso disprezzo da Renzi («Perché? Esiste ancora?» chiese una volta), si è liquefatta.

Quando c'è da sacrificare una testa di Ncd non c'è problema. Su Lupi (non indagato) il premier ha fatto pressioni fino all'ultimo, ottenendone le dimissioni. Così come aveva spinto per far dimettere la De Girolamo, da poco uscita da Ncd. Mentre ha protetto esponenti e candidati Pd inguaiati con la giustizia (De Luca in Campania). Anche dall'agenda della maggioranza si vede in quale considerazione il segretario Pd tenga l'alleato Ncd. La riforma elettorale, votata con ubbidienza da Ncd, è quanto di peggio potrebbe esserci per Ncd.

Ora poi la priorità è la legge sulle unioni civili. Una bomba per il partito di Ncd, che conta tra i suoi senatori il più grande nemico delle unioni civili, Carlo Giovanardi. Basta molto meno di una bomba per far saltare in aria Ncd. L'ultimo dei problemi per Renzi.

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