Coronavirus

Moderna, ira di Ema. "Pensa a vendere". E contro la variante già pronti due piani

Il Ceo della casa farmaceutica: "Sieri da rifare". Irritazione dell'Authority: strategia commerciale. Gli scenari: dati in 15 giorni e se servirà ok a marzo per un nuovo siero, con il boom di casi stop ai test clinici

Moderna, ira di Ema. "Pensa a vendere". E contro la variante già pronti due piani

«Se questa variante trasmette bene sussurrano i ben informati in Ema - nel giro di due o tre settimane i casi fioccheranno in tutta Europa come la neve». E non sarà la catastrofe.

Il piano di emergenza dell'Agenzia europea del farmaco contro Omicron è pronto. Ma rimane nel cassetto. Servono dati certi, analisi di laboratorio sulla trasmissibilità, ma anche l'impatto che la variante avrà sulla malattia e sugli ospedali. In pratica, bisogna capire se la mutazione del virus sia più diffusiva e se sia concretamente più pericolosa della Delta. E ad oggi nessuno lo sa, neppure chi millanta certezze.

I laboratori internazionali sono già al lavoro. I risultati sono previsti tra due settimane. Ma solo a ridosso delle feste natalizie Ema potrà sbilanciarsi per dire cosa ci aspetterà nel gennaio del 2022. Le ipotesi sono tre, in ordine di gravità. Primo scenario: la vicenda Omicron si sgonfia come un palloncino e tutto rimane come prima, perché la variante rimane confinata in Sud africa così come è avvenuto per la temibile Beta (per cui era già pronto un vaccino modificato). Secondo scenario: basterà la terza dose per immunizzarci dalla nuova variante, forse più contagiosa ma più pericolosa per la gravità della malattia. Terzo scenario: se il virus fosse molto trasmissibile e dovesse «bucare» i vaccini, scatterebbe la richiesta di modifica alle aziende produttrici. E le dosi contro la nuova variante sarebbero immesse in commercio solo a marzo 2022.

C'è anche il piano B per l'eventualità che Omicron si rivelasse una variante devastante: l'Ema è pronta ad accelerare sull'autorizzazione finale e a sorvolare sulla sperimentazione clinica. Una scorciatoia che farebbe guadagnare un paio di mesi all'avvio della produzione in larga scala dei vaccini modificati. Ma qui siamo a livelli di emergenza planetaria. E sembra che, attualmente, non ci siano i presupposti per essere catastrofisti. Al contrario, in Ema c'è molta irritazione per le fughe in avanti. A cominciare da quella della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ha già invocato l'aggiornamento dei vaccini svilendo, e del Ceo di Moderna che pronostica «un calo sostanziale dei vaccini contro Omicron. «Una strategia commerciale», fanno sapere alte fonti dell'Authority del farmaco. È un'isteria collettiva a cui Ema si vuole sottarre. A oggi non ci sono evidenze per dare indicazioni. Anzi. Se è vero che questo ceppo circolava già da ottobre in Sud Africa, i 900 casi conclamati di novembre tra una popolazione di giovani non vaccinati confermano un virus non molto diffusivo.

L'Europa sarà un terreno di prova diverso per la variante: esiste una forte barriera degli immunizzati, c'è una Delta dominante da soppiantare e una popolazione molto più anziana da proteggere. Ogni conclusione sulle ricadute di Omicron è dunque prematura, serve più tempo e meno chiacchiere. La parola passa alle provette: per mettere a punto il test che ci dice se il vaccino può neutralizzare il virus, servono circa due settimane, cioè tre cicli di quattro giorni. E anche questa prima risposta dei vetrini non basta a mettere a soqquadro l'intero schema della campagna vaccinale europea. Bisogna raccogliere molti dati per sapere quante persone si ammalano con la Omicron e quante finiscono in ospedale o in terapia intensiva. Non bastano gli sporadici casi raccontati da qualche medico di famiglia. E non servono virologi ottimisti che ipotizzano che il virus possa diventare più buono. Per Ema, a oggi, questa rimane solo una speranza.

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