PordenoneHa ucciso la moglie con dieci colpi di accetta, inferti con inaudita violenza. Poi ha finito la figlia di sei anni, sgozzandola con un coltello da cucina. «Come fanno quelli dell'Isis», ha commentato il capo della Mobile di Pordenone, Massimo Olivotto.
Sono le tre dell'altra notte quando in via San Vito esplode l'ennesima lite tra Abdelahdi Lahmar, marocchino di 39 anni, regolare e disoccupato, e la moglie, Touria Errebaibi, cameriera di 30 anni. Una delle tante sfuriate già sentite dai vicini di casa. Hiaba dorme nella sua stanza. È un attimo. Una furia omicida si impadronisce dell'uomo che, senza esitazione, prende l'accetta, si dirige in camera da letto e ferisce a morte la moglie con dieci colpi. Ma il raptus non si placa. C'è la la figlia nella stanza accanto, e forse non dorme più. Con un coltello da cucina, l'uomo la sgozza. È l'orrore. Le copre il volto sfigurato con il lenzuolo, prima di telefonare alla polizia, e confessare. Pochi minuti dopo si consegnerà agli agenti. È la cronaca di una tragedia annunciata: solo 48 ore prima, infatti, la donna aveva trovato la forza di rivolgersi ai carabinieri per farsi aiutare. «Ci ha detto - hanno spiegato i militari - di volersi separare perché litigava col marito che talvolta diventava violento. Non voleva presentare denuncia, ma era in cerca di un consiglio, temeva che il consorte potesse portare la bambina in Marocco». Tanto che i militari lo stesso giorno avevano convocato l'uomo in caserma: «Gli abbiamo chiesto di passare da noi - informano dall'Arma - e ci è sembrato tranquillo. Ha rassicurato sulla volontà di restare in Italia e si era detto persuaso che fossero incomprensioni momentanee, confermate dal fatto che la moglie non l'aveva nemmeno denunciato». In realtà «lei era terrorizzata - sono le prime testimonianze delle amiche di Touria - avrebbe voluto separarsi, ma essendo straniera, con una bambina e senza lavoro, le sembrava impossibile». All'inizio di aprile, prima che Abdelahdi tornasse da un viaggio in Marocco, Touria aveva chiesto di entrare in una struttura protetta attraverso un'associazione che si occupa di donne maltrattate.
Ma all'ultimo momento, l'appuntamento era saltato.È il secondo duplice omicidio che sconvolge Pordenone in meno di un mese, dopo quello, rimasto ancora senza colpevoli, di Teresa Costanza e Trifone Ragone, i due fidanzati uccisi da un killer davanti al Palasport.
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