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Mollato da tutti, il Conte bis finisce qui. Ora rischia di sparire anche se si dimette

Tabacci, regista dei responsabili, alza bandiera bianca: "Non ci sono voti, lasci". E i paletti di Di Maio su terzo mandato e Renzi affossano ogni possibilità di ricucire con Italia Viva. I timori del premier: Luigi ha stretto un asse...

Mollato da tutti, il Conte bis finisce qui. Ora rischia di sparire anche se si dimette

La doccia fredda arriva di buon mattino. Bruno Tabacci, il democristiano incaricato dal premier Giuseppe Conte, di arruolare la pattuglia di responsabili, nell'intervista a La Repubblica, alza bandiera bianca: «Ho fatto quello che potevo ma i numeri restano incerti e a questo Paese non serve una maggioranza raccogliticcia. A Conte ho suggerito un gesto di chiarezza: dimettersi per formare un nuovo governo. E se non ci riesce, si va al voto». Nel pomeriggio, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, dagli studi di Mezz'ora (programma condotto di Lucia Annunziata) rifila il colpo di grazia a Conte, facendo saltare l'ultimo tentativo di riconciliazione con Italia Viva: «Se il tema è riparlare con Renzi, Conte è stato chiaro sul fatto che non avrebbe più fatto parte della maggioranza». Il leader dei Cinque stelle sbarra la strada a un nuovo esecutivo con l'avvocato del popolo a Palazzo Chigi: «Se non ci sono i voti adesso non ci sono neanche per il Conte ter. O nei prossimi giorni si trova la maggioranza, altrimenti sono il primo a dire che stiamo scivolando verso il voto».

Il doppio veto di Di Maio (Conte ter e Renzi) spinge Conte verso la resa. Questione di ore. Il premier potrebbe salire al Colle per rassegnare le dimissioni. Per un altro motivo: l'intervista del ministro degli Esteri fa naufragare i piani del presidente del Consiglio di andare alla conta in Aula sulla relazione Bonafede, provando a trovare punti di sintesi con l'ala moderata e renziani. Di Maio blinda prescrizione e riforma. La reazione della senatrice Sandra Lonardo non si fa attendere: «Il ministro Di Maio non aiuta Conte. Vuole i voti per continuare a fare il ministro degli Esteri, ma, poi, con arroganza, richiede una obbedienza cieca ed assoluta alla linea ultragiustizialista del suo collega Bonafede. Il nesso fiducia al governo, e quindi fiducia a Bonafede, per quanto mi riguarda, lo escludo». I numeri si complicano. I sì certi a sostegno del ministro della Giustizia, sulla carta ed escludendo possibili assenze giustificate, sono 145. Difficile, inoltre, che la senatrice a vita Liliana Segre, arrivata a Roma martedì scorso proprio per votare la fiducia al Conte II, sia nuovamente tra i presenti in Aula.

Fino a ieri era in corso una trattativa (che Di Maio fa saltare) tra Conte, Boschi e Rosato per trovare un punto di caduta sul passaggio in Senato sulla relazione del Guardasigilli. Soprattutto perché in casa Pd cresce il fronte che vuole riaprire il dialogo con Matteo Renzi. Da ieri si unisce anche il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia. Di Maio manda tutto all'aria e mette Conte spalle al muro: dimissioni o conta in Aula (con esito quasi scontato). In entrambi gli scenari il destino dell'avvocato del popolo è segnato. A Palazzo Chigi temono che sia nato un asse tra Di Maio e Fico (quest'ultimo non ha concesso la deroga a Tabacci per la costituzione del gruppo) per far fuori Conte. Il presidente del Consiglio non ha più molte opzioni sul tavolo. La linea resta la stessa: governo con i responsabili o voto. Naufragato il tentativo di costruire una nuova maggioranza, Conte ora deve pensare all'exit strategy: passaggio al Colle per le dimissioni o l'addio sul campo (in Aula). Congedandosi con l'onore delle armi. Casalino spinge per la seconda.

L'avvocato del popolo preferirebbe la prima, per conservare un residuo margine di trattativa.

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