
Il mondo al contrario in stile carpiato con avvitamento e scappellamento a centrodestra: cioè Marco Travaglio che fa il predicozzo sugli insulti (degli altri) proprio lui che è docente incaricato, lui che, oggi, ci va anche bene così, perché ormai scrive mediamente solo degli armamenti della Kamcatka: ma che, decenni fa, rivalutò il body shaming quando non si chiamava così (insulti a Berlusconi, Giuliano Ferrara, Mario Giordano eccetera, per via di loro doti non intellettuali) e poi rispolverò il sessismo di maniera (Ritanna Armeni "accucciata sotto la scrivania di Bush") e non si fece mancare neppure quello che oggi chiamano ageismo (Giorgio Napolitano soggetto a "lavoretti di bocca e di lingua sulla prostata inerti e lo scroto inanimato") e via così, indietro per 25 anni di low profile, roba buona per i bambascioni che lo trasformarono nell'idolo dei pirla: insulto, attenzione, potenziale violenza. Travaglio era con chi chiamava "mini-ministro" Renato Brunetta ed era con chi, Beppe Grillo, chiamava Berlusconi "nano bavoso" e Romano Prodi "Alzheimer"; erano i tempi, pure, in cui Antonio Di Pietro diceva che Berlusconi era "come Hitler" e "come Videla" e poi gli dava di nazista, razzista, magnaccia, antisemita e mafioso.
Potremmo chiederci quando tutto sia cominciato, ma lo sappiamo già: è stato all'alba del grillismo, quando si fusero la frustrazione, la satira e gli slogan politici: e però ora no, a Travaglio non faremo la carognata di dirgli che c'entra qualcosa con lo squilibrato che ha sparato a Charlie Kirk, però insomma, gli chiediamo quest'altra cosa: come fa a scrivere (Fatto di ieri) che in Italia ad aver resuscitato il linguaggio d'odio è stato Berlusconi? E che fu, il problema, quando Berlusconi associò la sinistra al peggior comunismo (che cosa strana) e associò certa magistratura all'eversione (peraltro con tutte le ragioni)? Da noi, in Italia, alla peggio, accadde che fu Berlusconi a beccarsi in faccia un souvenir in Piazza Duomo: ma forse se l'era tirato da solo, l'aveva creato lui il famoso clima, era stato lui il mandante morale contro se stesso. E non c'entrava niente, rispetto a quel clima, il cemento di satira e politica e giornalismo che infiammava le varie Piazza Navona, e neppure c'entra il Travaglio che citò Orwell e definì metaforicamente "maiali" le prime quattro cariche dello Stato. Il clima d'odio si crea da solo, è chiaro, e poi Travaglio ha ragione, non si può passar la vita a dissociarsi da qualcosa a cui non ci si è mai associati. Travaglio aveva ragione (sul serio, stavolta) anche quando rivendicò il diritto all'odio, perché neppure Hitler processò i sentimenti: altro che la Legge Mancino, la Legge Zan e i fantasmatici reati di hate speech, buoni per la woke people: anche perché l'odio, a ben vedere, è una pulsione che per qualche ragione viene espressa soprattutto dai movimenti che dicono di essere contro l'odio.
Ora però, Travaglio, potrebbe rispondere a un paio di domande. Retoriche. Lasciamo perdere i soliti Settanta, che c'è in giro troppa gente che ha voglia di riparlarne sempre: parliamo degli ultimi, di anni. Chi ha fatto violenza? La destra o la sinistra? Il fascismo o il cosiddetto antifascismo? Chi ha mostrato i fantocci incendiati e le immagini di governanti a testa in giù? Chi l'ha fatta questa roba? E il cosiddetto deplatforming, ossia il disinvito di oratori che erano stati invitati ma che ora no, non è più il caso, perché ci sono dei chiassosi e violenti rompicoglioni (spesso studenti) che hanno promesso l'inferno se parlerà proprio quello lì: ecco, erano di destra o di sinistra, questi? E tutti i manifestanti che, secondo stagione, si travestono via via da no global, no tav, vetero ambientalisti, propal, centro-asociali, grillisti neurologici, antagonisti ma sempre protagonisti: è gente che orbita a destra o a sinistra? Chi è che scandisce gli slogan "uccidere un fascista non è reato", la destra? Chi è che fa le guerriglie contro le forze dell'ordine, la destra?
Travaglio (preso solo a esempio, ciao Marco) ora non ci dica che in tutti questi anni non si è mai associato a niente, perché non è vero; e non ripeta, ancora, che non si può passar la vita a dissociarsi da
cose a cui non ci si è associati: perché significherebbe, se applicato a tutto, che noi pseudo giornalisti non contiamo davvero nulla, che nessuno influenza niente, che le cose avvengono davvero da sole. Sarebbe desolante.