Azzaya Tsendoo, è nata il 1 gennaio del 2018, ha nove mesi. E grazie alle «mani d'oro» del professor Alessandro Frigiola, primario della Cardiochirurgia pediatrica policlinico San Donato, potrà festeggiare tanti compleanni in futuro. Dopo un delicatissimo intervento al cuore e una breve degenza ospedaliera, ieri è stata affidata ai suoi genitori che potranno volare in Mongolia e tornare ad Arvaikheer con una figlia sana e forte.
Eppure, neanche un mese fa Azzaya non aveva speranze di vita. I suoi genitori, disperati, avevano ricevuto una sostanziale sentenza di morte dai medici mongoli. Era affetta da ritorno venoso anomalo polmonare totale, cardiopatia congenita molto grave, che pochi sanno operare. E i chirurghi laggiù, in mezzo la steppa, non se la sono sentita di intervenire, avevano rinunciato a farla vivere.
Ma i due giovani genitori (57 anni in due) non si arrendono. Vogliono farla curare, non in Cina, non in Russia, ma dove sono bravi a fare dei miracoli.
La madre, casalinga, si confida con un'amica che a sua volta ha conosciuto una turista italiana in vacanza in Mongolia. L'amica dell'amica consiglia San Donato, centro cardiologico pediatrico d'eccellenza in Italia. Lì, dove arrivano a farsi curare bambini dall'Africa, Perù, Costa Rica, India. Ma dalla Mongolia, mai.
Il contatto si attiva e l'associazione Cuore Fratello, che si occupa di ospitare i familiari dei ricoverati a San Donato ma di tanti altri progetti di solidarietà, interpella il reparto di Cardiologia pediatrica diretta da Alessandro Frigiola. Che offre la sua disponibilità. I genitori affidano ai parenti il figlio più grande di 5 anni e volano verso la speranza. «Quando sono arrivati il 24 settembre ricorda il professor Frigiola - La bimba stava male. Sudava, non mangiava e faceva fatica a respirare. I nostri esami hanno confermato la sua patologia che è mortale perché i polmoni non riescono a scaricarsi del sangue e vanno incontro all'edema polmonare. Senza l'intervento, avrebbe resistito poche settimane».
Invece l'intervento è filato liscio come l'olio e Azzaya, una bambina fortissima, ha avuto un rapido recupero. «Normalmente il decorso postoperatorio è molto complicato- spiega il medico , invece la bimba ha reagito in modo sorprendente e dopo tre giorni era in reparto».
La piccola mongola sembra una forza della natura. In genere i neonati si operano nei primi giorni di vita, altrimenti non sopravvivono. Azzaya invece si è aggrappata alla vita fino a nove mesi. Grazie al suo habitat naturale. «Lei vive in un villaggio a 2mila metri ed è probabile che sia sopravvissuta proprio perché a quell'altitudine si hanno più globuli rossi», ipotizza il professore.
Ora la piccola può tornare a casa. E Frigiola sorride pensando alla gratitudine di quei due giovani, che «non smettevano di fare inchini» per ringraziarlo. «Azzaya avrebbe dovuto aspettare la morte dice adesso ha un cuore normale».
Del resto, lui è abituato a bambini che sono diventati adulti grazie ai suoi interventi. «Alcuni ex pazienti tengono la mia foto in casa», dice orgoglioso.
Ha operato più di diecimila bambini con i cuoricini malati, e quasi un centinaio con la malformazione grave di Azzaya. E ricorda quanta strada si è fatta nella cardiologia pediatrica. «Negli anni '70 su 50 interventi 49 finivano con decessi. Oggi sopravvivono 95 malati su 100».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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