Prepararsi, ciascuno per la propria parte, alle ripercussioni di una Brexit senza accordi. Questa è la raccomandazione lanciata ieri dalla Commissione europea agli Stati membri. Perché «farsi trovare pronti al recesso del Regno Unito non è responsabilità soltanto delle istituzioni Ue, ma è un impegno comune, condiviso a livello di Unione, nazionale e regionale, che coinvolge in particolare anche gli operatori economici e altri soggetti privati».
Bruxelles ha chiesto ai 27, alle loro imprese e ai loro cittadini di accelerare i preparativi e di assumersi la responsabilità della propria situazione. Che il tempo stringa l'ha poi confermato il capo negoziatore dell'Ue per la Brexit, Michel Barnier, che ieri ha incontrato per la prima volta il suo omologo britannico, Dominic Raab, nominato dieci giorni fa dopo le dimissioni del predecessore David Davis. La mancanza di un accordo potrebbe anche significare che, dal 30 marzo 2019, per visitare Londra sarà necessario il visto. Fonti di Bruxelles spiegano però che anche in caso di no deal l'Ue potrebbe decidere unilateralmente di inserire la Gran Bretagna nella lista dei Paesi liberi da obbligo di visto. La Commissione avrebbe presentato una proposta legislativa che prevede entrambi gli scenari.
Intanto oggi la premier britannica Theresa May affronterà un altro nodo irrisolto dell'uscita dall'Unione: la questione irlandese.
A Belfast May illustrerà il libro bianco del governo sulla Brexit e parlerà della frontiera tra Ulster e Repubblica d'Irlanda, che potrebbe tornare a esistere con l'uscita della prima dall'Ue al seguito del resto del Regno.
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