Cronache

Morì fuggendo dallo stupro Il giudice: nessun colpevole

Assolti i due 29enni aretini condannati in primo grado. Il padre di Martina: "Infangato l'onore"

Morì fuggendo dallo stupro Il giudice: nessun colpevole

Nessun reato dietro alla morte di Martina Rossi, la studentessa genovese di 23 anni precipitata dal terrazzo di una camera di albergo a Palma di Maiorca, in Spagna, il 3 agosto del 2011. Per i giudici della Corte d'Appello di Firenze la giovane non è morta per sfuggire ad uno stupro, come era stato stabilito nel primo processo. Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, i due aretini ventinovenni ritenuti in primo grado responsabili della tragedia, sono stati assolti perché «il fatto non sussiste».

La clamorosa sentenza lascia sconcertati i genitori di Martina, che non si sono mai arresi di fronte alla tesi sostenuta dalla difesa, secondo la quale la ragazza si sarebbe buttata perché in stato confusionale. «Non c'è più giustizia. Questa sentenza vuol dire infangare l'onore di Martina, vuol dire sostenere che è volata giù da sola», commenta deluso il papà, Bruno Rossi. Gioia inaspettata invece per i due imputati: «La fine di un incubo durato nove anni». Una beffa anche per l'accusa. Dopo tanto tempo i magistrati di Arezzo credevano di aver ricostruito la verità processuale ottenendo la condanna a sei anni di reclusione per Vanneschi e Albertoni per tentata violenza di gruppo e morte come conseguenza di altro reato, accusa caduta in prescrizione lo scorso novembre, così che il procuratore generale aveva potuto chiedere una condanna a tre anni di reclusione per l'unico capo d'imputazione rimasto in piedi. Ma i giudici hanno assolto i due imputati anche per la tentata violenza di gruppo. La giustizia spagnola aveva chiuso il caso come suicidio, poi però il fascicolo era stato riaperto a Genova e trasmesso ad Arezzo per competenza. Secondo l'accusa Martina cadde dal terrazzo nel tentativo di sfuggire a una violenza sessuale di ritorno da una serata in discoteca, dopo essere salita in camera dei due giovani perché nella sua le amiche erano in compagnia di altri due ragazzi della stessa comitiva. Per cercare di sottrarsi all'aggressione avrebbe tentato una fuga disperata scavalcando un muretto sul balcone che separava la stanza dei due ragazzi da un'altra. Ma in preda alla paura e tradita dalla scarsa vista, non avendo gli occhiali, avrebbe perso l'equilibrio cadendo nel vuoto. Ma proprio le dimensioni di quel muretto, un divisorio di circa un metro di altezza e quaranta centimetri di larghezza, secondo i legali della difesa sarebbe stata la prova del suicidio della giovane: volendo scappare Martina avrebbe potuto scavalcarlo senza grosse difficoltà. I due imputati nel corso del processo d'appello hanno rilasciato dichiarazioni spontanee per ribadire la loro innocenza.

Per Albertoni, in particolare, Martina si sarebbe buttata dal balcone perché in stato confusionale dovuto al fatto che poco prima avevano fumato insieme uno spinello.

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