Un lavoro paziente e certosino per cercare di non lasciare nessuno con l'amaro in bocca. Una lunga trattativa per creare un governo in cui mettere da parte una feroce conflittualità che per anni è stata la cifra e la regola assoluta dei rapporti tra Pd e Cinquestelle e riuscire a giocare, improvvisamente e inaspettatamente, nella stessa squadra. Il tutto attraverso un vocabolario soft, in cui il più classico litigio per le poltrone si trasforma in «ragionamento sul programma» e i tempi che si allungano in «attenta valutazione delle competenze». Il tutto per trasformare in forza l'unione di due debolezze.
Alla fine Giuseppe Conte riesce nella sua impresa, si prepara a passare il testimone della presidenza del Consiglio a se stesso e varare un governo molto politico in cui persino il ministero dell'Economia finisce a un esponente espressione dei partiti dopo molti ministri tecnici. In sostanza tutto il contrario di quanto chiesto da Beppe Grillo.
Come in ogni corsa alla poltrona che si rispetti ci sono inevitabilmente vincitori e sconfitti. Ad esempio Nicola Morra. Il presidente della Commissione Antimafia doveva diventare ministro dell'Istruzione, del Lavoro o della Pubblica Amministrazione. Alla fine perde il derby pentastellato con Lorenzo Fioramonti che ottiene il ministero dell'Istruzione, dicastero dove già era presente come viceministro nel governo gialloverde. Morra non si era nascosto. Il ministero dell'Istruzione «è importantissimo. Penso che vada affidato alle cure e alle competenze di persone decisamente determinate a dare centralità allo studente, valorizzando anche la funzione docente», aveva detto ai cronisti che gli chiedevano conferme sulle voci che lo riguardavano. Ma ricevuto a Palazzo Chigi dopo pranzo ha ricevuto la notizia del suo mancato ingresso nell'esecutivo. Poi la doccia fredda anche in diretta tv.
Gli uscenti non riconfermati del primo governo Conte sono Elisabetta Trenta, Danilo Toninelli, Giulia Grillo, Barbara Lezzi, Enzo Moavero Milanesi e Giovanni Tria. A colpire sono soprattutto le esclusioni dei due tecnici in ministeri chiave come Via XX Settembre e Farnesina, sostituiti da Roberto Gualtieri e Luigi Di Maio. Ma in realtà il loro siluramento non è certo stato una sorpresa. Chi ha perso la poltrona in maniera più inaspettata è il ministro della Salute Giulia Grillo, data per riconfermata in quasi tutti i totonomine, così come non è riuscita a entrare in squadra la viceministra all'Economia, Laura Castelli, balzata spesso agli onori delle cronache per alcuni suoi scivoloni. «È l'inizio di una nuova avventura. Sono certa che il nuovo governo lavorerà per riportare al centro la qualità della vita dei cittadini. Grazie a chi ha lavorato in questi giorni per la composizione della squadra» scrive su Facebook l'ormai ex vice ministra dell'Economia. In un altro post, l'esponente pentastellata pubblica le foto del commiato dal Mef, accompagnando le immagini al messaggio: «Con il ministro Giovanni Tria per un saluto alle strutture che ci hanno coadiuvato durante questo mandato».
Non entra in squadra neppure la renziana Anna Ascani, il cui nome era girato per i Beni Culturali, probabilmente per un mancato accordo all'interno della sua stessa area di riferimento.
Stessa sorte per Gianni Cuperlo, vicino a Nicola Zingaretti e per il sottosegretario penta stellato agli Affari Regionali, Stefano Buffagni. Niente da fare per Marco Minniti, così come per Carlo Cottarelli, l'uomo della spending review, anche lui entrato in lizza per ministeri economici, ma poi sacrificato alle esigenze della politica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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