La moschea fuorilegge che occupa un paese

Da Borgo Marina (Rimini) la gente fugge: i negozi sono gestiti da immigrati, gli irregolari abbondano e tutti accorrono dall'imam

La moschea fuorilegge che occupa un paese

nostro inviato a Rimini

È un venerdì qualunque del mese di Ramadan in Corso Giovanni XXIII, Borgo Marina, Rimini. Il piccolo centro culturale che funge da moschea è stracolmo di gente. Sono arrivati da tutta la città con biciclette, motorini, auto e anche a piedi.

Le stanzette del locale su due piani, accatastato come ufficio, sono insufficienti a contenere quel centinaio di persone, la maggior parte delle quali, non potendo trovar spazio all'interno corre a prostrarsi in preghiera sui marciapiedi del corso, creando un effetto strano che fa tornare in mente Marrakech piuttosto che la Romagna.

A Borgo Marina quasi più nessuno ci fa caso. Sono abituati all'imam che recita le preghiere la mattina presto e alla sera. E poi, ormai, quel quadrilatero di strade vicino alla Chiesa di San Nicolò e al Grand Hotel pullula di macellerie halal , phone center gestiti da cittadini del Bangladesh e da empori cinesi. Insomma, i riminesi sono rimasti in pochi e, quando possono, fuggono via da quel quartiere che non è più quello in cui erano nati e cresciuti. Con il risultato che gli immobili liberi vengono stipati di immigrati che lavorano come venditori abusivi.

L'unico che continua a battersi è il consigliere comunale di opposizione Gioenzo Renzi (Fdi), che da Borgo Marina non vuole andarsene e che da quattro anni tempesta il sindaco piddino Gnassi di interpellanze e mozioni affinché tenga fede alle promesse della campagna elettorale, ossia spostare il luogo di culto in una zona più consona e adatta all'accoglienza di così tante persone. «È dal 2004 che insisto», racconta Renzi sottolineando come «l'amministrazione comunale, temendo di passare per razzista, ha evitato di affrontare la questione, anche perché nel centro islamico prevale sempre più la linea intransigente di chi rifiuta il “trasloco”». A Savignano sul Rubicone, quindici chilometri da Rimini, il sindaco Giovannini non s'è fatto gli stessi scrupoli e, pur essendo del Pd, ha chiuso il centro islamico perché non disponeva delle necessarie autorizzazioni.

D'altronde, non è una questione di islamofobia ma di ordine pubblico e, soprattutto, di sicurezza. L'attentato del Cairo conferma che l'Italia è un obiettivo dell'Isis. In Romagna già da tempo è scattato l'allarme rosso. L'operazione antiterrorismo della Procura di Milano che ha portato all'arresto dell'emiro turco Ahmed Abu Alharith, che coordinava dall'Italia l'invio di jihadisti dell'Isis in Siria, ha evidenziato come quest'ultimo avesse contatti a San Marino (la piccola repubblica alle spalle di Rimini) allo scopo di reclutare nuovi adepti.

Ravenna, poi, è la capitale italiana dei foreign fi ghter . La Digos ne ha individuati sette, il 10% di quelli schedati sull'intero territorio nazionale. Ma in città si sussurra che siano almeno venti quelli partiti per combattere sotto la bandiera nera del Califfato, quasi tutti di nazionalità tunisina, immigrati più o meno regolari.

La preoccupazione a Rimini per quella moschea traboccante di fedeli è altissima, considerato che la città ospita, oltre a una numerosa comunità islamica, anche 330 rifugiati (e altri 400 potrebbero arrivare). Ecco perché Gioenzo Renzi ha già raccolto oltre mille firme per far spostare quello strano luogo di culto.

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