La moschea già ristrutturata e la messa è in un container

Nella zona colpita dal sisma del 2012 la chiesa non c'è, il centro islamico sì. Coi fondi della Regione e del Qatar

S i dirà che sono i segni dei tempi, ma si fatica ad abituarsi all'idea dei cattolici accampati sotto un tendone mentre poco distante la nutrita comunità islamica sfoggia una moschea ristrutturata con fondi pubblici e privati.

Non succede in Irak, ma a Mirandola, in provincia di Modena, in uno degli epicentri del terribile sisma che il 29 maggio 2012 mise in ginocchio la Bassa emiliana. Qui la lunga partita della ricostruzione è avviata, ma restano ancora molte persone nei villaggi di prefabbricati. Anche a Mirandola le chiese sono tutte fuori uso, così i fedeli, grazie alla Caritas italiana, alla domenica celebrano messa in un container. Agli islamici del comune modenese invece è andata molto meglio. Nel maggio scorso all'inaugurazione del centro islamico di Mirandola c'erano tutti: dalle autorità civili fino ai finanziatori provenienti dal Qatar. L'edificio, di proprietà di un'associazione di fedeli musulmani, dopo il terremoto era inagibile. Ma in pochi anni gli islamici sono riusciti ad entrare dentro un tempio completamente ristrutturato. Merito del cospicuo contributo di 611mila euro concesso dalla Regione Emilia Romagna e dell'apporto della Qatar Charity Foundation, che sta percorrendo in lungo e in largo lo stivale assieme all'Ucoi per finanziare l'apertura di molte moschee.

Il dato emerso nei giorni scorsi dal sindaco di Mirandola Maino Benatti, è che la fondazione ha sborsato la bellezza di 400mila euro. Va detto che è stato più semplice sistemare l'edificio di via Serafina, non essendo vincolato e necessitando di una cifra minore rispetto ad esempio ai 5 milioni di euro che servirebbero al Duomo. Così come va detto che l'associazione islamica si è messa in fila come qualunque altro privato per l'erogazione di un contributo, cosa più complessa per la Chiesa che ha un patrimonio esponenzialmente più grande da gestire. Ma questo non è bastato ai mirandolesi per chiedersi il perché di questo trattamento tanto che l'opposizione si è mossa per chiedere conto alla Regione della situazione che, avrà anche tutte le giustificazioni della situazione. Tommaso Foti, Fratelli d'Italia, ha chiesto conto di quel finanziamento dato che è stato erogato per un centro culturale islamico disciplinato dalla legge sulle associazioni di promozione sociale e che quindi urbanisticamente non sarebbe in regola con l'attività di culto. Il capogruppo di Forza Italia in Regione Enrico Aimi ha presentato una richiesta di accesso agli atti per conoscere che tipo di verifiche avesse fatto l'ente sul cofinanziatore arabo. Il risultato: la chiesa accampata e la moschea lustrata a nuovo.

La vicenda è stata raccontata dalla Nuova Bussola Quotidiana che ha scoperto un dettaglio non di poco conto. Il ministero dei Beni Culturali ha stanziato i primi 50 milioni di euro destinati alle chiese della Bassa. A Mirandola arriveranno 3 milioni, ma saranno destinati solo alla chiesa di San Francesco, di proprietà di un fondo statale e che diventerà un museo a cielo aperto, non destinata al culto. Merito, si fa per dire, dell'idea della sovrintendente Graziella Polidori, che già ad un convegno sulla ricostruzione nel 2013 proponeva la destinazione civile della chiesa. Un'idea contrastata da una petizione di oltre mille cittadini per chiedere che tutte le chiese della città fossero sistemate e riportate alla loro funzione di culto.

Insomma: i pochi soldi che arriveranno per le chiese serviranno per attività museali. Alla preghiera ci penseranno gli islamici, forse più consapevoli di noi occidentali di avere bisogno prima di tutto di un luogo in cui alzare gli occhi al cielo.

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