Il Mose supera il primo test. Ma non si sa chi dovrà azionarlo

Dal governo ancora nessuna decisione. Ira di Zaia

Il Mose supera il primo test. Ma non si sa chi dovrà azionarlo

Il Mose. Ma alla fine chi preme il bottone? È questa la domanda che merita ormai una risposta perché da troppo tempo si avanti tra comitatoni, riunioni, rimpalli, indecisioni. Venerdì, alla presenza del premier Conte, il Mose è stato «inaugurato». Un test che ha sollevato le 78 dighe mobili che compongono il colosso, adagiate sul fondale delle tre bocche di porto: Lido, Malamocco e Chioggia. È qui che il Mose si alza e si abbassa, si abbassa e si rialza. Un'opera ingegneristica unica. Un mostro. Ma la domanda è: chi fa cosa? Quando? Se dovesse tornare l'acqua alta come il 12 novembre scorso, con punte di 187 centimetri, chi lo aziona?

La storia parte dopo gli scandali e gli arresti del 2014. Matteo Renzi il 13 giugno di quell'anno tolse il Magistrato alle Acque, l'organo che avrebbe dovuto supervisionare la costruzione delle dighe. Nel frattempo si stabilì che la nuova Città metropolitana di Venezia, insediatasi il 31 agosto 2015, assorbisse le funzioni entro il 31 marzo 2015. Cosa mai avvenuta. «La soppressione del Magistrato alle Acque aveva detto l'allora parlamentare Pd Andrea Martella - non significa una soppressione di competenze, ma punta a individuare una nuova attribuzione. In questo senso il nostro emendamento punta a trasferire prima al commissario e da questi al futuro sindaco, oneri e onori del Magistrato alle Acque, evitando così una sorta di dispersione in ambito interregionale».

Detto. Fatto. Nulla. Il 26 novembre 2019, a Palazzo Chigi si riunisce il Comitatone, la riunione del comitato interministeriale per la salvaguardia della città. Il sindaco Luigi Brugnaro ottenne una cabina di regia informativa che tenesse insieme tutti i soggetti coinvolti nella fabbrica del Mose. Ora il presidente Luca Zaia ha chiesto di ripristinare il Magistrato alle Acque, e di dare la gestione al sindaco. Brugnaro vuole trovare una soluzione per la gestione: «È il tempo di essere pratici e concreti». Perché il nocciolo è questo: c'è un'opera, non ancora collaudata, che sarà finita tra 18 mesi ma che funziona, utilizzarla comporta un rischio.

Chi decide? Nel decreto che fa solo di nome «Semplificazioni» si parla di una struttura con Comune, Città Metropolitana, Regione, Autorità portuale e Capitaneria di Porto, oltre ai ministeri competenti e al Magistrato alle Acque che verrà ricostituito. Un successivo Dpcm poi dovrebbe stabilire un direttore che schiacci il pulsante rosso. Ma intanto Venezia aspetta. Il Mose anche.

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