L'obiettivo è la fine della minaccia nucleare. Ma l'offensiva rischia di durare mesi o anni

Per capirlo basta guardare quanto succede sul terreno. Il regime di Teheran, nonostante la decapitazione dei suoi vertici militari e la distruzione dei suoi impianti missilistici, non dà segni di resa

L'obiettivo è la fine della minaccia nucleare. Ma l'offensiva rischia di durare mesi o anni
00:00 00:00

«L'operazione è all'inizio. Teheran prepara una risposta e la nostra difesa non è ermetica». Le parole di Effie Defrin, portavoce dell'esercito israeliano, non inducono certo all'ottimismo. Ma è ormai chiaro che Israele intende mettere fine alla minaccia nucleare iraniana una volta per tutte. L'operazione potrebbe però richiedere mesi. O forse anni. E non essere esente da conseguenze imprevedibili.

Per capirlo basta guardare quanto succede sul terreno. Il regime di Teheran, nonostante la decapitazione dei suoi vertici militari e la distruzione dei suoi impianti missilistici, non dà segni di resa. La cosiddetta «bandiera della vendetta» issata nel cuore di Teheran e la scritta che invita gli israeliani a nascondersi «sotto le macerie», comparsa poco distante, ne sono la dimostrazione. In tutto questo Israele non ha certo raggiunto i suoi obbiettivi. Fin qui raid e incursioni aeree hanno risparmiato l'infrastruttura nucleare di Fordow considerata dagli esperti il «santuario» della corsa iraniana all'atomica. Nei suoi laboratori, scavati nel cuore di una montagna e coperti da oltre 80 metri di roccia e cemento, lavorano 3mila centrifughe. Nei suoi magazzini sarebbero nascosti quasi cinquecento chili di uranio. Una parte di questi sarebbe già stata arricchita oltre l'83 per cento, molto vicino quindi a quella soglia del 90 per cento indispensabile per gli usi militari.

Ma laboratori, centrifughe e depositi di uranio di Fordow sono praticamente impenetrabili. Anche nella versione più potente le bombe anti-bunker in dotazione a Israele non sono in grado di penetrare più di sette metri di cemento armato o l'equivalente 30 metri di terra e roccia. Dunque per colpire e distruggere il santuario del nucleare iraniano Mossad e Tsahal hanno bisogno di un'azione combinata condotta da aviazione e forze speciali di terra. Queste ultime stanno già operando sul terreno iraniano. Ma per penetrare nei laboratori di Fordow devono attendere che le forze iraniane siano completamente in ginocchio. A quel punto una volta annientate a colpi di missili e bombe le difese posizionate intorno ai laboratori le forze speciali potrebbero scendere nei sotterranei dell'infrastruttura, eliminare il suo personale e farla saltare.

Israele non può però ignorare le incognite della guerra. Più passano i giorni più aumentano le probabilità che un missile o un drone colpisca il territorio israeliano. O che un aereo con la Stella di David sia intercettato dai resti della contraerea iraniana. In tutto ciò le milizie sciite presenti in Yemen Irak e Libano non tarderanno a bersagliare Israele e le basi americane in Medio Oriente. Insomma a meno che Israele non abbia un piano per ribaltare in pochi giorni il regime khomeinista l'operazione «Leone Risorto» rischia di trasformarsi in un conflitto di lungo periodo dagli esiti imprevedibili.

L'esempio di Gaza è li a ricordarcelo. Dopo oltre 600 giorni di battaglie e raid aerei costati decine di migliaia di vittime Israele non è ancora riuscita a sconfiggere Hamas e a cancellarlo da un territorio di soli 45 chilometri per quindici.

Fatte le debite proporzioni c'è da chiedersi quanto ci vorrà per aver la meglio su un regime che, seppur detestato dalla maggior parte della sua popolazione, controlla un territorio 4.500 volte più vasto e conta su un esercito di oltre 400mila effettivi a cui affianca centomila pasdaran e altrettanti miliziani basiji.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica