Mostrare, dissimulare, pazientare, chiudere: la strategia tutta politica dietro l'elezione

Le mosse per convincere la platea dei porporati. Il ruolo dei kingmaker

Mostrare, dissimulare, pazientare, chiudere:  la strategia tutta politica dietro l'elezione
00:00 00:00

Non sempre quel che sarà è così chiaro sin da subito. Che cosa è accaduto nel segreto della Sistina? Al di là della snervante attesa, dettata da ragioni contingenti, non è il caso di immaginare scenari più adatti a una fiction. Con ogni probabilità le squadre sono scese in campo, insomma i candidati sono venuti allo scoperto.

E questo disvelamento segue logiche non sempre semplici. Spesso si vota un candidato ma si frazionano i consensi. Il quorum è alto, 89 voti, e allora si provano alleanze e si testano amicizie. Capita nei Palazzi della politica, lo stesso spartito può tornare nella Sistina. Se un candidato dispone di un certo pacchetto di voti, può in qualche modo camuffarlo o meglio marcarlo, questo per assicurarsi che quella certa cerchia di amici sia davvero orientata in quella direzione. Dunque, un segno di riconoscimento aiuta a capire se oltre ai nomi sicuri, già in qualche modo acquisiti, ce ne siano altri in arrivo.

Insomma, si pesano le possibili cordate. E si capisce meglio, in un contesto sempre mobile e incerto, la consistenza effettiva di un certo partito. Nel mondo della politica, pensiamo all'elezione del presidente della Repubblica, si cerca di scongiurare il rischio che quel certo «cavallo» venga bruciato in una competizione estenuante e a volte molto lunga.

Qui, nella Sistina, i tempi di solito si accorciano, certe manovre sono meno plausibili. Ancora di più perché i cardinali arrivano come non mai da tantissimi paesi e non si conoscono, o si conoscono appena, fra di loro. Però certe dinamiche sono inevitabili e allora le strategie hanno il loro valore e la loro nobiltà. E la prima strategia è padroneggiare i voti certi per andare poi a conquistare altri consensi.

Insomma, mostrare in prima battuta la propria forza ma fino a un certo punto, perché quel che più è necessario è allargare l'area del consenso. E soprattutto capire fin dove si possano spingere gli altri papabili. O alcuni fra loro. I gruppi si compongono e si scompongono. Si preparano terne e in qualche caso addirittura cinquine. Se la situazione non si sblocca, ecco la virata che scompagina gli schemi.

Si parla e si torna a parlare dopo ogni votazione, come è scontato che sia. In un modo o nell'altro si deve arrivare a un finale e il tempo non può dilatarsi all'inverosimile.

Si dice che questo conclave sia orfano di king maker, i grandi elettori capaci di influenzare e trascinare gli altri dietro di loro. Può essere, ma alcune figure carismatiche su fanno comunque avanti e fanno sentire la loro statura. Pietro Parolin è in teoria prossimo alla meta. Ieri, può darsi che abbia già raggiunto un numero consistente di consensi, oggi è il giorno chiave per lo scatto decisivo. Alcuni candidati di bandiera, in qualche modo concordati, potrebbero essere sacrificati per raggiungere il quorum. Ma potrebbe anche accadere il contrario, come nel passato. Un'ala del collegio si identifica in un profilo e lo lancia.

È il segnale che altri aspettano, la mossa decisiva che scioglie i nodi e chiude la partita. Game over.

Oggi o domani sapremo. Arduo, davvero difficile, con la pressione mediatica alle stelle, prolungare oltre la convivenza dei 133 porporati.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica