La scissione c'è già. La contestazione interna al M5s non riguarda solo qualche frangia di parlamentari inquieti: in tutta Italia crollano giunte comunali, si ribellano sindaci e consiglieri, eletti a vari livelli passano all'opposizione. A Palermo l'ex candidato sindaco Ugo Forello è stato fatto fuori da capogruppo in consiglio comunale e si è proclamato «indipendente» all'interno del Movimento. Il primo cittadino di Venaria Reale Roberto Falcone, primo sindaco grillino in Piemonte, ha dato le dimissioni dopo una fronda all'interno della sua maggioranza. A Genzano, il paese dei fiori alle porte di Roma, i consiglieri grillini hanno staccato la spina all'esperienza di governo del sindaco Daniele Lorenzon dopo aver reso pubblico un documento di 23 pagine con uno slogan esplicito: «Il sindaco non siamo stati noi». Sono solo alcuni degli esempi di ciò che sta avvenendo lontano dai riflettori del Parlamento, dove pure da inizio legislatura i pentastellati continuano a perdere pezzi.
In ciascuno dei casi locali esplosi negli ultimi mesi, il Movimento ha annunciato l'intervento dei probiviri per cacciare i dissidenti. Di Maio è stato però costretto a placare il clima di tensione concedendo un rinnovo delle cariche del collegio dei probiviri, sostituendo Nunzia Catalfo e Riccardo Fraccaro che cumulavano altri incarichi (nel caso di Fraccaro, addirittura da ministro), minando l'indipendenza dei probiviri. Il nuovo collegio ha avviato 106 procedure di espulsione e ne sta valutando altre 165.
In molte delle rivolte nei Comuni in ballo ci sono questioni locali, ma tutte hanno in comune la crescente insofferenza per la linea centralista imposta al Movimento da Davide Casaleggio. In molte delle situazioni di crisi si innesta una delicata questione giuridica: «Gli eletti prima del 2017 - spiega l'avvocato Lorenzo Borrè che patrocina gli interessi di alcuni dissidenti M5s - sono soggetti a uno statuto diverso, quello dell'associazione fondata nel 2009, per cui le regole etiche della nuova associazione, fondata nel 2017 con uno statuto mai votato dalla base, non trovano applicabilità giuridica». I nuovi probiviri, dunque non avrebbero alcuna legittimità in questi casi. Vedi Marcello De Vito, il presidente del Consiglio comunale di Roma espulso direttamente da Di Maio, saltando ogni regola.
Non è solo una teoria. Borrè ha più volte portato in tribunale il «nuovo» M5s, come nel caso della spaccatura sulle candidature a sindaco di Genova. L'ultimo caso è quello del senatore Gregorio De Falco. È iniziata la causa contro l'espulsione dal M5s e intanto è stato depositato un ricorso in Cassazione contro l'allontanamento dal gruppo parlamentare.
Una causa pilota, quest'ultima, che potrebbe avere risvolti clamorosi sui cambi di casacca, perché De Falco ha eccepito che contro le espulsioni deve esserci un giudice di appello. Se la Cassazione gli desse ragione, altri parlamentari potrebbero imitarlo. Nel frattempo le spese legali grilline esplodono. Nel bilancio Rousseau del 2018 ad esempio, ci sono spese per 272mila euro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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