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"Quel movimento con le ruote a terra"

Il sociologo: "Era un'auto, ora è una bici. E in futuro vedo una scissione"

"Quel movimento con le ruote a terra"

Il sociologo Domenico De Masi, che ha seguito il MoVimento 5 Stelle sin dalla comparsa sul palcoscenico politico, parla di rischio «deflagrazione» ed analizza le cause del crollo dei pentastellati.

Il MoVimento 5 Stelle è in via di sparizione. Come se lo spiega?

«Beh, il M5S può ancora contare sul 14%. Sono dati di sondaggi che non sono stati commissionati dai grillini. Se Bettino Craxi avesse mai avuto il 14%...».

Sì, però Craxi non guidava un partito a vocazione maggioritaria in un sistema bipolare.

«Vero. Resta che Conte e Di Maio sono le uniche due novità della politica italiana degli ultimi dieci anni, e non vanno d'accordo tra loro. Anzi, sono in contrapposizione frontale, pensi!».

Ripercorriamo la parabola grillina?

«Hanno avuto un exploit nel 2018. Poi il M5S ha perso metà elettorato con il governo gialloverde. Matteo Salvini, ai tempi, è cresciuto, in percentuale, tanto quanto è sceso il M5S. Poi i pentastellati sono rimasti attorno al 16-18% per ventisei mesi, in una situazione cristallizzata. Dopo il Quirinale, con il primo diverbio tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, sono scesi al 14%».

Una parabola discendente esiste.

«Certo, non c'è dubbio».

Inoltre, c'è un caos interno. Come lo spiega?

«Un caos è un caos. Come si può spiegare un caos? Le ripeto che gli unici due esponenti politici definibili nuovi, almeno rispetto all'ultimo decennio, sono nemici tra di loro».

Il MoVimento non è più antisistemico: questa è la causa della crisi?

«Tutti i movimenti tendono a diventare partiti. Un movimento è come un mucchio di sabbia, con tanti granelli diversi al suo interno. In questo caso, i granelli erano uniti dal rancore contro la casta. I mucchi di sabbia, però, tendono a diventare come un mattone. Non tutti ci riescono e spesso qualcosa viene perso per strada. Con il governo giallorosso, la situazione elettorale grillina era rimasta uguale a se stessa. Adesso, con l'animata dialettica tra Conte e Di Maio, rischiano la deflagrazione finale».

C'è solo questo aspetto?

«Il M5S aveva quattro ruote. Una era il movimentismo antisistemico, che era impersonato soprattutto da Alessandro Di Battista. C'era l'ala governativa, che era incarnata da Di Maio. Poi c'erano il carisma dei due fondatori e la piattaforma. Di queste quattro ruote, ne sono rimaste soltanto due: quella governativa e quella della linea di protesta, per cui ora c'è Conte. Il MoVimento era un'automobile, ora è una bicicletta. In una bicicletta, se le due ruote non concordano, è un bel problema».

Lei prevede una scissione?

«O si mettono d'accordo, e non lo vedo probabile, oppure si scindono. Se dovessero scindersi, tre quarti resterebbero con Conte, mentre un quarto andrebbe con Di Maio. I due tronconi, comunque sia, non corrispondo al tutto.

Ovvio che il potere di due partiti non sarebbe quello avuto da un movimento unico ed unito».

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