
La strada da Siena a Milano era già in discesa per l'amminiatratore delgato del Monte, Luigi Lovaglio. Ma diventa spianata dopo lo stop dell'assemblea di Mediobanca all'Ops su Banca Generali. L'istituto di Rocca Salimbeni può marciare a passo spedito verso la conquista di Piazzetta Cuccia. Che in dote porta anche il 13,27% delle Generali dove già due soci Delfin e Gruppo Caltagirone hanno rispettivamente il 10,18 e il 6,99 per cento. I due sono anche già soci diretti di Mps, rispettivamente con il 9,87% (ma con l'ok della Bce la holding della famiglia Del Vecchio può già salire fino al 19,9%) e il 9,96 per cento.
Cosa accadrà ora a Trieste? Per il momento nulla. Prima Siena deve portare a termine l'offerta su Piazzetta Cuccia che scadrà l'8 settembre. La decadenza dell'offerta su Banca Generali arriva mentre le adesioni all'Ops sono al 19,5%. Al Monte basterà raggiungere il 35% perché consideri realizzato l'obiettivo del controllo di Mediobanca, anche se il target ottimale sarebbe il 66,7 per cento. Delfin e Caltagirone dispongono già del 30% e il rimanente 5% è in mano alle casse previdenziali come Enpam, Enasarco e Inarcassa, senza escludere poi l'appoggio di Unicredit che ha circa il 2% di Mediobanca. L'eventuale adesione dei fondi è legata invece allo sconto (pari al 2,4%) tra le 2,53 azioni che Mps offre in cambio di una singola azione di Piazzetta Cuccia. L'attesa del mercato è dunque per un rilancio da parte di Mps, ma sulla questione il banchiere di Rocca Salimbeni è sempre stato molto chiaro sostenendo che il prezzo è giusto. Di certo, l'Italia si prepara ad avere un terzo polo bancario intorno a Mps, con la benedizione del Mef che ha l'11,7% della banca toscana presieduta da Nicola Maione.
Di eventuali cambiamenti al vertice della compagnia assicurativa triestina, dove Philippe Donnet è stato riconfermato all'assemblea di aprile, si discuterà semmai più avanti, quando gli equilibri post offerta senese saranno più chiari. Quanto alla poltrona di Alberto Nagel, lo scorso 16 luglio Lovaglio ha detto a Bloomberg che guarderà a un nuovo ceo, "sarà una persona brillante, di livello internazionale, che farà tutto il suo meglio per mantenere e motivare tutto il personale attuale e attrarre i talenti".
Sullo sfondo, intanto, è filtrato di recente un certo malessere nella galassia triestina nei confronti delle ultime mosse di Nagel. Così come c'è chi scommette che a brindare ieri siano stati anche i vertici di Banca Generali (il cui titolo però in Borsa è scivolato del 2,8% sotto i 50 euro), venuti a conoscenza della manovra difensiva lanciata in aprile dall'ad di Piazzetta Cuccia solo a decisioni già prese.
Del resto, l'addio alla costola guidata con un certo successo da Gianmaria Mossa avrebbe provocato a Trieste una voragine da centinaia di milioni di utili, a fronte di un 6,5% di azioni proprie - peraltro bloccate per un anno - destinate a svalutarsi proprio in ragione dello scambio con Mediobanca. L'operazione sarebbe inoltre diventata una mina di non poco conto sulla joint venture sul risparmio gestito tra Natixis e Generali (strenuamente difesa dal ceo della compagnia triestina), considerando che sarebbe venuta a mancare una rete da migliaia di consulenti nella distribuzione dei fondi. Non sembra, dunque, un caso se di Natixis negli ultimi mesi si è sentito parlare sempre meno. Ne ha fatto cenno lo stesso Donnet lo scorso 6 agosto Donnet per escludere una connessione tra la potenziale operazione Mediobanca-Generali e la possibile operazione Natixis e per assicurare che le discussioni stanno procedendo dopo la conclusione della fase di consultazione dei sindacati e dei dipendenti.
"Penso che i prossimi passi saranno dopo l'estate", ha detto il top manager senza fornire altri dettagli e precisando che "non c'è niente di definitivo. Avevamo firmato un memorandum of understanding che non era vincolante. Adesso l'obiettivo è, spero, di riuscire a firmare un contratto vincolante per entrambe le parti ma non ci siamo ancora".