Il dolore prima di tutto. E vicinanza ai familiari di un ragazzo, Giuseppe Lenoci, 16 anni, che ha perso la vita nell'Anconetano in un incidente stradale lungo il percorso che lo stava portando al «lavoro». Giuseppe era infatti impegnato in quella pratica che si chiama «alternanza scuola-lavoro», un principio didattico pensato giustamente in prospettiva occupazione. Una «filosofia» auspicabile, ma a una condizione: che gli studenti non vengano mandati allo sbaraglio e abbiano accanto un tutor esperto che non li perda mai di vista. Perché l'alternanza scuola-lavoro non può trasformarsi in un tragitto scuola-morte. Proprio ciò che nell'ultimo mese è accaduto in due casi. Vicende diverse, eppure unite da uno stesso filo. La tragedia di ieri è conseguente a un incidente stradale che poteva accadere in qualsiasi contesto, al di là quindi dell'ambito strettamente scolastico-lavorativo; mentre nel dramma costato la vita tre settimane fa allo studente Lorenzo Parelli, 18 anni, travolto da una putrella di 150 chili, le responsabilità dirette dei vertici della fabbrica a Lanuzacco (Udine) sono evidenti, tanto che la magistratura ha aperto un'inchiesta con ipotesi di reato pesantissime nei confronti dei titolari della ditta rea oggettivamente di non aver vigilato sullo stagista.
In entrambi i casi gli esiti sono stati micidiali: Giuseppe è morto a seguito dello schianto del furgoncino uscito di strada; Lorenzo è stato schiacciato da una trave d'acciaio. Ora, proprio alla vigilia della manifestazione nazionale indetta oggi dagli studenti con l'obiettivo di denunciare il fenomeno, lo scenario è diventato ancora più nero. Con la componente studentesca che torna in piazza coraggiosamente, nella speranza di non essere un'altra volta manganellata dalla polizia con «cariche di alleggerimento» che nella precedente, analoga, manifestazione hanno suscitato non poche proteste bipatisan, costringendo il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, a un imbarazzato - e imbarazzante - «chiarimento».
Ma cosa chiede l'Unione degli Studenti? «Vogliamo sicurezza dentro e fuori le scuole». E qui hanno perfettamente ragione. Dov'è invece che sbagliano? Quando dicono: «Vogliamo che l'alternanza scuola-lavoro e gli stage vadano aboliti». No, gli stage non «vanno abolito», ma devono essere assolutamente sicuri. Questa è la vera battaglia da fare. Perché, per uno studente, non c'è cosa migliore che avvicinarsi gradualmente al mondo occupazionale. Iter che però dovrebbe trovare nel ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi un attore di primo piano e non - come dà l'impressione di essere - una comparsa di seconda fila. Ieri Bianchi ha abbandonato sconvolto un convegno appena saputo della sciagura dello studente di Ancona; poi ha annunciato un vertice con le Regioni e il ministro del Lavoro, Orlando. Il 16enne era impegnato in un centro di formazione professionale e stava svolgendo un periodo di stage curriculare nel campo della termoidraulica.
Giuseppe, originario di Monte Urano (Fermo), viaggiava sul lato passeggero ed è morto sul colpo. Il conducente, un uomo di 37 anni, è stato invece sbalzato via dall'abitacolo, finendo a vari metri di distanza dal mezzo; è ora all'ospedale di Torrette di Ancona in gravi condizioni.
«In questo momento bisogna fermarsi e riflettere», ha detto il sindaco di Monte Urano (Fermo), il paese di Lorenzo. «Questa morte si aggiunge a una lunga lista di morti sul lavoro e all'interno delle scuole morti causati da un sistema malato, volto solamente alla logica del profitto», denuncia l'Unione degli Studenti.
Ma, più che la «logica del profitto», a dover essere messa sotto accusa è l'illogicità dell'assenza di sicurezza. Che è sempre criminale, ma lo diventa ancor di più se a rimetterci la vita sono ragazzi come Giuseppe e Lorenzo.
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