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Napolitano in cattedra fa la predica a Renzi e apre a larghe intese

Re Giorgio: troppi errori. Il premier: «Giuste critiche, ne farò tesoro». Assist Ocse per il Sì

Napolitano in cattedra fa la predica a Renzi e apre a larghe intese

La campagna per il sì al referendum «non è partita bene», dice Giorgio Napolitano. «Si sono commessi molti errori che hanno facilitato il no», è la bacchetta a quel pupillo disobbediente del premier, che ha fatto troppo di testa sua per i gusti del presidente emerito, che ha a cuore la vittoria del sì. Alla cui causa si associa anche l'Ocse, che per bocca della capo economista Catherine Mann assicura che la riforma è «la chiave» per sostenere la crescita.

L'ex capo dello Stato riconosce però che «Renzi ha capito» e corretto al rotta. Napolitano difende i governi di coalizione («Avere una politica di alleanze non è una bestemmia») e ribadisce che l'Italicum va cambiato, a cominciare - come ha spiegato - dal ballottaggio. A chi gli chiede se Renzi invece continui a ritenerlo una priorità irrinunciabile, l'ex presidente replica: «Non mi risulta. Mi è stato detto che verranno indicate alcune ipotesi, e poi si aprirà un confronto».

In verità, nelle ultime settimane, Napolitano ha chiesto a illustri ex dirigenti dell'Ulivo di provare anche loro a «convincere» il premier a rinunciare al ballottaggio, impresa da lui giudicata tanto urgente quanto quasi disperata. Renzi - che dice di voler «fare tesoro» dei consigli di Napolitano, del resto continua a ritenere l'Italicum «perfetto», ma è deciso nel dire che «l'alibi del combinato disposto» tra riforma del bicameralismo e legge elettorale «va eliminato dal tavolo del referendum», e a Palazzo Chigi si assicura che su questo «Renzi e Napolitano la pensano allo stesso modo». E quindi «entro ottobre» verranno messe sul tavolo dal Pd diverse proposte di modifica da offrire alle altre forze politiche. E, da quanto lasciano intendere i renziani che seguono direttamente la partita, persino il sacro ballottaggio potrebbe essere rivisto: a un patto, però: che si trovi un meccanismo altrettanto valido per garantire che le elezioni abbiano un vincitore certo. «Esiste? Vedremo», dicono.

Con questa operazione (quanto puramente tattica si vedrà presto), Renzi e i suoi sperano di mettere nei binari giusti la campagna referendaria. Una cosa è certa: il premier è sempre più convinto di puntare al voto moderato, e non è un caso se finora si sia impegnato a sfidare direttamente proprio quei rappresentanti del mausoleo della sinistra salottiera e dell'antiberlusconismo viscerale, da Smuraglia a Zagrebelsky a Travaglio, che l'elettorato di centrodestra guarda con particolare avversione. Un terzo degli elettori è ancora indeciso: è in quel bacino che Renzi vuole pescare i voti che gli mancano. Del resto, anche sull'Italicum i renziani sono convinti che - se una trattativa si aprisse - l'interlocutore sarebbe il centrodestra berlusconiano, e non i gli inaffidabili grillini. Renzi lascia intendere di essere pronto a confrontarsi anche con Berlusconi, se il Cavaliere decidesse di scendere in campo nella campagna referendaria.

Da Forza Italia per ora la disponibilità del premier viene liquidata come «gioco delle tre carte», come dice il vicepresidente della Camera Baldelli. Mentre dal Pd Violante avverte che, comunque, è impensabile che l'Italicum possa essere cambiato prima del referendum.

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