Roma - Quelle di Roberto Calderoli «sono invettive di una volgarità da suburra», mentre «le espressioni di Gian Marco Centinaio sono derisorie per me come persona anziana». Giorgio Napolitano è furibondo, le critiche dei due leghisti, che lo accusavano di aver definito indegno il Senato, gli sono rimaste di traverso e così, alla prima occasione, prende la parola a Palazzo Madama e si sfoga: «È il contrario, io il Parlamento l'ho difeso, sono diffamatori di professione». Incidente chiuso? Tutt'altro. «Presidente - replica Calderoli - in politica si prendono e si danno. Il giorno del suo compleanno le ho fatto gli auguri perché come un vino rosso, migliora con il tempo. Però devo ricredermi, anche i migliori vini dopo troppi anni rischiano di andare in aceto».
Tutto è cominciato con una lectio magistralis dell'ex capo dello Stato a Classe Dem, attaccata dai due esponenti del Carroccio. La cosa a Napolitano non è piaciuta per niente. «Dire, per polemica elettorale, che ho definito indegno il Senato è deliberatamente falso e di senso opposto al mio intervento: ho sempre operato, da deputato per 38 anni, da presidente della Camera e poi della Repubblica, per valorizzare il ruolo del Parlamento e per rafforzarne il prestigio».
Semmai, spiega di aver sostenuto il contrario. E cioè che la colpa è «del ricorso dilagante alla decretazione d'urgenza e a voti di fiducia su maxi-emendamenti e articoli unici», una pratica «che, almeno dal 2007, ha stravolto il processo legislativo e mortificato le Camere», ma per fortuna adesso «tutto questo può finire con la riforma costituzionale sottoposta al referendum per i rimedi che appresta in proposito». Insomma, Calderoli «si documenti meglio».
Il vicepresidente del Senato però risponde per le rime: «Io non sono un diffamatore di professione e non intendo offendere nessuno, ma se dobbiamo far tornare degno in Parlamento attraverso una riforma, significa che prima era indegno». Ancora. «Ho rispetto delle istituzioni ma sono un politico e quando uno fa politica di parte deve essere disponibile al confronto e a darle e a prenderle».
Calderoli rammenta che l'articolo 87 della Costituzione stabilisce che ad autorizzare la presentazione dei ddl di iniziativa governativa e a promulgare le leggi dopo che i decreti sono stati convertiti dalle Camere, magari con la fiducia, è il presidente della Repubblica. E conclude: «Se qualcuno ha fatto girare gli stracci non è stato il sottoscritto, ma qualcun altro che quelle leggi ha firmato. Una Finanziaria con migliaia di commi significa uccidere il Parlamento».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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