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"Napolitano terrone". Mattarella grazia Bossi e cancella 1 anno di cella

Il Colle annulla la condanna per vilipendio di Napolitano. Il Senatur: «Riconoscente»

"Napolitano terrone". Mattarella grazia Bossi e cancella 1 anno di cella

Perdonato. Ora Umberto Bossi ringrazia i due ultimi capi dello Stato, entrambi piuttosto meridionali. Eppure, «Terún», così otto anni fa, durante un acceso comizio ad Albino, aveva definito Giorgio Napolitano: dopo le denunce di un centinaio di cittadini, il tribunale di Bergamo lo aveva condannato a un anno e mezzo per vilipendio al presidente della Repubblica, con l'aggravante della discriminazione territoriale. «Nomen omen, non sapevo che fosse di Napoli» l'altra frase incriminata. Adesso però Sergio Mattarella, vista l'età, valutata la salute precaria del Senatur, soppesato il dossier preparato dal guardasigilli, ottenuto il via libera del suo predecessore che più di tanto non se l'è presa, lo ha graziato.

L'atto di «clemenza individuale», spiegano dal Colle, non va considerato come una sorta di quarto grado di giudizio, bensì come un intervento che «rientra nei poteri costituzionali del capo dello Stato» e che cancella la pena residua da scontare: in questo caso, dopo l'ultima sentenza, dodici mesi. Il decreto presidenziale, si legge in una nota del Quirinale, ha preso atto del provvedimento della magistratura di sorveglianza, che aveva affidato l'ex segretario della Lega in prova ai servizi sociali. «Nel valutare la domanda di grazia, il presidente della Repubblica ha tenuto conto dell'istruttoria condotta dal ministro della Giustizia conclusa con un avviso non ostativo, del parere favorevole del procuratore generale, delle condizioni di salute del condannato e della circostanza che il presidente emerito non avesse alcun motivo di risentimento in relazione alle espressioni rivolte».

Bossi è «molto contento» e si dice «davvero riconoscente» nei confronti dei due capi dello Stato e della magistratura di sorveglianza di Brescia «che nelle more della grazia mi aveva autorizzato a svolgere le mie funzioni di parlamentare». Twitta felice e polemico pure l'ex segretario Roberto Maroni: «Grazie presidente Mattarella, a nome di tutti gli amici veri di Umberto Bossi». La stoccata è per la nuova gestione leghista, che infatti tarda a rallegrarsi.

I fatti risalgono al dicembre 2011 e a un comizio del Senatur dal palco della Berghem Frecc, la festa invernale della Lega, che si svolse subito dopo l'avvento a Palazzo Chigi di Mario Monti. Bossi, che fino a pochi giorni prima era stato ministro delle Riforme nell'ultimo esecutivo di Silvio Berlusconi, qualche mese più tardi, travolto dallo storia dei rimborsi, avrebbe dovuto lasciare anche la guida del Carroccio. Un discorso infuocato. Prima alcune battute su Mario Monti, poi l'affondo contro Napolitano. «Stavolta ci siamo davvero rotti le scatole. Il presidente della Repubblica è venuto a riempirci di tricolori, sapendo che non piacciono alla gente del nord. Mandiamo un saluto a Napolitano, non sapevo fosse un terùn». Infine, le corna con la mano destra.

Dato il tipo, niente di eccezionale: in passato, soprattutto con Scalfaro, Bossi era stato ben più pesante.

Il Quirinale non aveva battuto ciglio, ma dopo le denunce di privati cittadini l'iter giudiziario si era messo in moto lo stesso, fino alle condanne e, ieri, alla clemenza del Colle.

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