Stefano ZurloUna cornice di lusso: Villa Taverna, sede dell'ambasciata americana a Roma. E a tavola ospiti prestigiosi e assortiti chiamati dal padrone di casa, l'avvocato John R. Phillips: dall'ex ministro Paola Severino al patrono del Riso Gallo, l'imprenditore Mario Preve. Così ha spiccato il volo «Fino a prova contraria», Until proven guilty, il movimento che Annalisa Chirico, giornalista e scrittrice, ha lanciato con uno scopo ambizioso, anzi temerario visto il Paese in cui siamo: riformare la giustizia e alzare l'asticella dei diritti ad un'altezza accettabile. L'Italia arranca e sta perdendo due battaglie in un colpo solo: la presunzione di innocenza, che pure è scolpita nella Costituzione, si trasforma spesso in presunzione di colpevolezza e in dosi massicce di carcere preventivo. Il risultato paradossale è quello enunciato da Carlo Nordio con una battuta fulminante: «In Italia si entra in cella quando si è innocenti e si esce quando si diventa colpevoli». Alla compressione dei diritti fondamentali si aggiunge la farraginosità dei procedimenti che si trasformano in dispute contorte e interminabili. Così gli investimenti non arrivano perché gli imprenditori e gli investitori stranieri hanno paura di affondare in queste sabbie mobili del diritto. L'Italia, per fare un esempio, potrebbe essere la seconda o la terza calamita per i soldi targati Usa e invece questa incertezza ci spinge giù all'ottavo posto di questa vergognosa classifica. Basta. Dopo vent'anni anni di chiacchiere e di mezze riformette è ora di dare una scossa all'albero malandato. Chirico (firma del Giornale e di Panorama) e i suoi amici, fra cui personaggi come Edward Luttwak, punta su due direttrici per cambiare il sistema: raccontare tante storie di malagiustizia, con un forte presenza sui social network, e contemporaneamente spingere sui parlamentari con un'azione di lobby per promuovere leggi in linea con questo garantismo sprint. Il ventaglio delle proposte è articolato e dettagliato, come si ricava dal sito appena aperto: meno carcere, anzi custodia cautelare solo come extrema ratio, ma nello stesso tempo certezza della pena. E poi separazione delle carriere e processi rapidi, che si tratti di un fallimento o di una truffa. Insomma, dopo le furibonde battaglie degli anni scorsi, siamo ad un garantismo 2.0. E a una giustizia smart, capace di far marciare insieme diritti e pil. Garanzie per le persone e certezze per le imprese. Un programma di buonsenso e invece, come spiega Chirico, animatrice e presidente del movimento, «i tentativi di cambiamento sono naufragati perché la giustizia era un tabù». Ora la partita si riapre, almeno nelle intenzioni dei promotori, con un'azione a tenaglia: una sorta di catechesi popolare che passa attraverso la narrazione dei tanti, troppi disastri avvenuti nelle aule dei tribunali; poi il pressing sulla classe politica perché metta mano a tutto l'impianto giudiziario: dal Csm al tribunale della famiglia.
Il parterre che sostiene il progetto è svincolato dalle vecchie logiche destra-sinistra e comprende figure assai diverse: l'imprenditore Giuseppe Cornetto Bourlot, l'ex magistrato Piero Tony, Luca de Michelis (Marsilio) e Pietro Donnini (Dotmedia) in ottimi rapporti con il premier Matteo Renzi. Chissà se questa compagnia riuscirà in un'impresa fin qui impossibile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.