Adesso è ufficiale: l'unico vero oppositore di Vladimir Putin, l'unico che l'attuale «zar» davvero teme per la sua capacità di mettere in discussione le basi stesse del regime autoritario russo, non potrà partecipare alle elezioni presidenziali del prossimo marzo. Aleksei Navalny, un blogger d'ispirazione liberale la cui popolarità al momento limitata è in crescita soprattutto presso le giovani generazioni, ha ricevuto il divieto della Commissione elettorale, che in perfetto stile (post)sovietico si è espressa all'unanimità, dodici voti su dodici: le condanne che pendono su Navalny non lo rendono candidabile a norma di legge, in particolare quella a 5 anni di prigione per «appropriazione indebita», che lui ha sempre definito «politicamente motivata».
Aleksei Navalny, implacabile accusatore dell'alto livello di corruzione che caratterizza il «circolo magico» attorno al presidente Putin, entra ed esce di galera solitamente per brevi periodi, accusato di organizzare manifestazioni non autorizzate. Le motivazioni di queste mancate autorizzazioni, peraltro, sono di solito poco comprensibili, il che finisce col rendere anche troppo chiaro il vero motivo che le sottende: se il seguito politico di Navalny crescesse potrebbe creare problemi a Putin, e quindi il blogger deve parlare il meno possibile e comunque non deve poterlo sfidare alle elezioni.
L'aveva detto a chiare lettere Putin in persona pochi giorni fa, durante la conferenza stampa di fine anno: Navalny (che peraltro il presidente in carica si rifiuta financo di chiamare per nome, in un evidente sforzo di negargli un qualsiasi ruolo) non è altro che un burattino di oscure forze straniere che vogliono gettare la Russia nell'instabilità, quindi non deve avere agibilità politica «nell'interesse nazionale». Un messaggio inequivocabile, che la Commissione elettorale ha prontamente raccolto nonostante Navalny avesse raccolto le firme necessarie a sostenere la sua candidatura.
Navalny, che non è uno sprovveduto e dimostra molto coraggio considerando la morte violenta che hanno incontrato altri espliciti oppositori di Putin come Anna Politkovskaja, Alexander Litvinenko e Boris Nemtsov, non si faceva troppe illusioni ma coerentemente ha continuato a impegnarsi fino all'ultimo momento utile per il suo obiettivo politico. Ancora domenica scorsa, parlando nel gelo moscovita davanti a un migliaio scarso di persone, si era detto «enormemente felice, e orgoglioso di dirvi che voglio parlarvi come il candidato di tutta la Russia, pronto a vincere queste elezioni».
La musica è cambiata dopo l'annuncio dell'esclusione. Navalny ha lanciato un boicottaggio delle urne, esortando tutti i suoi sostenitori a non partecipare al voto e a non riconoscerne la validità. Questo sciopero del voto è una mossa astuta, perché metterebbe il candidato escluso nella condizione di rivendicare al suo appello l'alto tasso di astensionismo che i sondaggi annunciano. In tal modo, pur non ricevendo alcun voto, potrebbe presentarsi come il «candidato dei senza-voce».
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha reagito all'annuncio di Navalny minacciando un'indagine (naturalmente «a norma di legge») sulla legalità di questo atto. È fin troppo facile prevedere, insomma, un ennesimo processo a carico del blogger e una sua ennesima condanna.
Dall'Europa arrivano intanto commenti critici: «Accuse politicamente motivate non dovrebbero
essere usate per impedire la partecipazione politica», si legge in un comunicato di Bruxelles. La decisione «getta seri dubbi sul pluralismo politico in Russia e sulla prospettiva di elezioni democratiche il prossimo anno».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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