Politica

Neanche Mattarella vuole il mandato bis. E indica già la via al suo successore

Il capo dello Stato parla di Covid, migranti e Pnrr. E respinge le pressioni dello staff

Neanche Mattarella vuole il mandato bis. E indica già la via al suo successore

Ma insomma, sta per lasciare, non vuole il bis, non dà retta a chi tra i suoi gli chiede di restare sul Colle, ha già firmato il contratto della nuova casa al Salario. Eppure eccolo a Siena, ancora sovraesposto, ancora con un discorso di largo respiro. Parla di Europa, che sui migranti ha tradito «i propositi dei padri fondatori» perché, dice, «è sconcertante quanto avviene ai confini dell'Unione, dove degli essere umani sono tenuti alla fame e al freddo». Di Covid, che rialza la testa: «In Italia la situazione non è allarmate però occorre cautela». Dei no vax: «Fidiamoci della scienza, ne abbiamo bisogno». Del piano di rinascita: «Il Pnrr farà crescere il Paese, emergono i primi risultati positivi». Parla un po' di tutto Sergio Mattarella, e sembra quasi uno sguardo al futuro, un programma di settennato. Invece è un lascito politico, il segno della continuità. Anche il prossimo presidente, questo il senso, seguirà questa linea.

Lui, lo ha ripetuto quattro volte, non si candida, non vuole un secondo mandato, non intende cambiare idea nemmeno se il Parlamento si incarterà e se i partiti gli chiederanno uno sforzo ulteriore. Certo, le pressioni continuano, le manovre, anche interne, per trattenerlo pure. Ma, salvo sorprese, la decisione è presa. Sette anni sono tanti, pure troppi, allungarli significa trasformare la Repubblica in un regno. È vero che è già successo con King George, ma appunto le eccezioni sono tali se avvengono una volta sola, altrimenti si trasformano in nuove regole, in forzature della Costituzione. Napolitano fu costretto dai fatti ad accettare i tempi supplementari, con la clausola implicita che non si sarebbe trattato di un mandato pieno bensì di un bis a tempo. Infatti pagò lo scotto sia in termini di popolarità che di presa sui leader politici. Mattarella, oggi all'apice dei consensi, non intende ricalcare l'esperienza del predecessore.

C'è poi un'altra questione. Se un presidente dicesse o facesse sapere di essere disponibile a una riconferma, darebbe la stura a una girandola di sospetti sui suoi atti, si sottoporrebbe a una lettura al microscopio di ogni suo comportamento, autorizzerebbe a far pensare che di aver perso il suo ruolo neutro di garante, di muoversi per restare sul Colle. Il capo dello Stato non può essere lambito da certi veleni. Da qui l'insistenza con cui, citando Segni e Leone, Mattarella ha spiegato che servirebbe piuttosto una profonda riforma del Quirinale, eliminando la rieleggibilita è il semestre bianco.

E qualcuno vicino a lui sta lavorando in questa direzione: se i partiti si impegnassero a una simile riforma, chissà, magari il presidente potrebbe ascoltarli. Operazione difficilissima, quasi impossibile: non ci sono i tempi per una legge costituzionale, che richiede una doppia lettura e quindi quattro passaggi alle Camere, e non c'è neanche il necessario accordo politico. Di più. Non esiste al momento nemmeno la precondizione, cioè la disponibilità dei partiti, nel caso, a votarlo. Non può certo accettare un'investitura che non sia plebiscitaria. Ancora. Non ha alcuna intenzione di essere un presidente a tempo, dunque depotenziato. O l'incarico è pieno o non è un incarico, e qui si torna al punto di partenza, ai sette anni che sono troppi, figuriamoci quattordici.

Nel frattempo ci sono due-tre mesi fino alla scadenza, che Mattarella sta riempiendo con interventi non banali, di copertura all'azione di Palazzo Chigi e di impegno per la coesione sociale del Paese. A Siena visita il centro dove si sviluppano gli anticorpi monoclonali e parla all'Università. In Italia, spiega, va meglio che altrove grazie ai provvedimenti del governo e ai vaccini, «per cui occorre considerare l'importanza di affidarsi alla scienza». Basta perdere tempo con i no vax, concentriamoci sul piano di aiuti europeo «con le sue grandi missioni che trasformeranno il Paese: digitale, transizione ecologica, mobilità sostenibile, lavoro, sanità, università, scuola». E pensiamo a rafforzare la Ue. «È sorprendente il divario tra i principi proclamati e quanto accade ai confini, uno strano disallineamento».

Modernità, scienza, Europa, ripresa economica, riforme: la traccia per il prossimo capo dello Stato è già segnata.

Commenti