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La necessità di una Lega federalista

La Lega, il più antico partito nell'attuale parlamento, è destinata a scomparire?

La necessità di una Lega federalista

La Lega, il più antico partito nell'attuale parlamento, è destinata a scomparire? È una domanda legittima, visti i risultati delle amministrative, dove non solo al Mezzogiorno è già diventata ininfluente, ma pure al Nord, soprattutto in Lombardia, arriva raramente alle due cifre. Le ragioni sono plurime, e addossare tutta la responsabilità su Salvini sarebbe non solo ingeneroso ma anche scorretto, da un punto di vista politologico. Qui tuttavia non vogliamo analizzare le ragioni del crollo quanto spiegare che sì, la Lega sparirà ben presto se continuerà a mantenere questa linea confusa, al governo come se fosse all'opposizione, contro l'invasione russa a parole ma di fatto filo putiniana e anti atlantista. E ora giunge pure l'ultimatum a scoppio ritardato di Salvini, che deciderà a Pontida, in settembre, se continuare a stare al governo. L'uscita dall'esecutivo sarebbe però un suicidio politico, perché nei mesi restanti della legislatura il Carroccio si trasformerebbe in una copia di Fratelli d'italia, più vociante ma molto meno credibile. Il Papeete in salsa orobica getterebbe infine discredito finale su Salvini senza fargli recuperare i voti persi, anzi. C'è tuttavia un'altra strada per non morire. Ed è quella di riprendere la vocazione originaria della Lega. Non stiamo parlando della secessione ma del messaggio liberista e federalista che la caratterizzava: stato minimo, riduzione della spesa pubblica, animal spirit del capitalismo. In questo modo Salvini raggiungerebbe due obiettivi: uno, quello di dotarsi di una identità chiara. Con il profilo sovranista la Lega rischia ormai di assomigliare troppo a Fdi: che sul piano del nazionalismo possiede un pedigree più antico e credibile. Mentre se Salvini riprendesse la bandiera del federalismo fiscale, allora ritroverebbe una sua ragion d'essere. L'altro obiettivo consisterebbe nel recupero di voti spostatisi provvisoriamente su Fdi ma anche nella conquista di quelli di ceti produttivi e dinamici, delle grandi metropoli, ora precluse al centro destra. Ma per fare questo Salvini deve abbandonare il sogno, fallito, del partito nazionale e lasciar perdere le guerre culturali, contro la lobby gay, per la famiglia naturale e temi del genere. E poi dovrebbe rompere totalmente e chiaramente con Putin (e con i suoi derivati tipo Le Pen) e guardare alla Csu, al partito democristiano bavarese. Una Csu però più liberista e meno conservatrice sul piano identitario.

Sarà in grado Salvini di trasformarsi da sovranista a popolare? Forse no, ma una Lega che si (ri)faccia testimone di un federalismo liberale non meriterebbe di estinguersi.

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