"Negoziati, Vaticano pronto. Sempre in aiuto ai Grandi oltre gli interessi di parte"

Il cardinale Michael Czerny: "Da Pio XII in poi, la Chiesa ha un ruolo di mediazione nelle guerre"

"Negoziati, Vaticano pronto. Sempre in aiuto ai Grandi oltre gli interessi di parte"
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Il Vaticano luogo ideale per trattative di pace? «È ciò che facciamo da sempre e continueremo a farlo». Il cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ribadisce il ruolo di mediazione che può avere la Santa Sede. Basti ricordare quanto avvenne dieci anni fa con Shimon Peres e Abu Mazen o nel 2019 con i leader del Sud Sudan.

In appena dieci giorni dalla sua elezione, Leone XIV ha lanciato appelli alla pace in ogni suo discorso. Che ruolo può giocare in questo momento il Vaticano di fronte alle numerose guerre nel mondo, dall'Ucraina alla Terra Santa?

«Il ruolo del Papa e del Vaticano è quello di aiutare i potenti del mondo a fare ciò che devono fare, ovvero lasciare da parte gli interessi personali e ogni tanto anche quelli nazionali e mettersi insieme per fare la pace e assicurare la pace. Questo è il ruolo della Chiesa».

Domenica il Papa ha incontrato Zelensky, lunedì il vicepresidente Usa, JD Vance. Il Vaticano quindi si conferma un luogo per il tavolo di trattativa?

«Questo è già nella tradizione della Chiesa, non è una nuova iniziativa politica. E questo è ciò che facciamo da sempre e continueremo a fare. Il Vaticano non ha armi, non ha interessi di parte, non ha interessi commerciali. Tutto ciò che abbiamo è la presenza di Cristo e il suo desiderio, come ha detto fin dall'inizio Papa Leone, è 'la pace sia con voi'».

Concretamente il Vaticano può offrire soluzioni?

«Sì e speriamo di farlo ma per la natura stessa dei problemi e delle possibili soluzioni non ne possiamo parlare. La riservatezza è essenziale al nostro ruolo, non si tratta di un segreto. È il nostro modo di lavorare. Lo facciamo da Pio XII fino ad oggi. Non è una novità. E lo facciamo per tutte le guerre del mondo, sempre e ovunque. Perché non c'è una guerra più terribile di un'altra, ognuna porta con sé dolore e distruzione. E ci sono oggi tante guerre dimenticate».

Eminenza, come ha vissuto il suo primo Conclave?

«L'esperienza delle Congregazioni generali e del Conclave è stata simile a quella del sinodo, segnata dall'ascolto e dal lavoro insieme, e al tempo stesso dalla presenza e dal protagonismo dello Spirito Santo. Porto nel cuore tutto il cammino, tutto il processo. Questo è la cosa che rimane, ovvero come la tradizione della Chiesa ci ha aiutato a camminare insieme e arrivare a un risultato così buono.

Dunque Leone XIV è il Papa che la Chiesa ha bisogno in questo momento?

«Esattamente. Ci siamo impegnati per ottenere il meglio. E lo Spirito Santo ci ha indicato lui come guida della Chiesa in questo anno e per gli anni a venire. Non è una cosa del passato, non è una cosa astratta. Leone XIV è la persona che pensiamo sia il migliore successore di Pietro in questo momento».

In molti sottolineano come Papa Prevost sia in continuità con Francesco. Eppure, ha una personalità ben distinta?

«Papa Leone certamente porta avanti l'eredità di Francesco, ma con uno stile proprio. Una caratteristica che hanno entrambi è però l'ascolto. L'ascolto è stata una pratica e un insegnamento centrale per Papa Francesco e stiamo già vedendo come Papa Leone porti avanti questa attenzione, acuta e speciale, all'ascolto e al dialogo».

Con il suo nome, il Papa è stato definito un Papa sociale, progressista, di sinistra. È così?

«No, nella Chiesa non ci sono divisioni politiche. Queste categorie non sono utili e da noi non esistono.

La scelta del nome è una maniera simbolica molto forte per dire che esistono tanti problemi e temi che coinvolgono l'umanità intera. E il lavoro è uno di questi. Questo manifesta la cura della Chiesa ad accompagnare l'umanità nei problemi attuali, non soltanto nelle questioni strettamente religiose».

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