La prima riunione del Cda della Rai può far calare il sipario sul centrodestra italiano? E la spaccatura sul nome di Marcello Foa determinerà davvero la fine del doppio binario delle alleanze a livello nazionale e locale e il divorzio tra Forza Italia e Lega, dopo 25 anni di matrimonio politico?
I fatti, al momento, sono semplici. I venti di guerra soffiano potenti. Forza Italia ribadisce il «no» al direttore del Corriere del Ticino, Matteo Salvini non fa trapelare alcuna intenzione di fare marcia indietro sul nome del presidente della Rai. Sotto traccia c'è chi cerca una mediazione, chi suggerisce il nome di Giampaolo Rossi per mettere tutti d'accordo, chi prevede che alla fine sarà lo stesso Foa a fare un passo indietro per favorire una composizione dello scontro. Dai partiti si dice che fino al pomeriggio di oggi si continuerà a cercare una soluzione. Il problema, però, è la distanza tra i leader su questa materia, tra i quali non c'è stato alcun contatto diretto almeno fino a questo momento, anche se Giancarlo Giorgetti sta lavorando duramente per cercare una via d'uscita e assicurare i numeri in Vigilanza per il presidente indicato dal governo. Le prossime 48 ore, insomma, si annunciano decisive.
Dentro Forza Italia c'è chi suggerisce che lasciare il campo a una Rai «sovranista», oltretutto nell'anno che precede le elezioni europee, sarebbe rischiosissimo. «Serve una figura che garantisca tutti», ripetono. Altri temono l'effetto domino sulle amministrazioni locali, fatto balenare informalmente da Matteo Salvini. Proprio ieri Giovanni Toti ha annunciato la sua ricandidatura alla guida della Liguria in vista del 2020. Inevitabile leggere in filigrana le parole del sottosegretario alle Infrastrutture e segretario regionale della Lega Edoardo Rixi. «Alla Lega interessa governare bene la Liguria come si è fatto fino ad adesso, è chiaro che va fatto in uno scenario nazionale un po' cambiato. Se ricevessimo qualche carezza in più e qualche schiaffo in meno da Forza Italia sarebbe meglio, ma noi siamo abituati da una vita a prendere schiaffi». Il Carroccio, insomma, per il momento si attesta su toni tutt'altro che affilati, ma come un buon giallista tra le righe semina indizi. Ed è chiaro che se in Vigilanza mancheranno voti per l'elezione di Foa scaricherà su Forza Italia la responsabilità dell'accaduto, evocando un improbabile ritorno del Patto del Nazareno. Anche se difficilmente porterà lo strappo alle estreme conseguenze, facendo cadere le giunte regionali.
Dentro Forza Italia si oscilla tra insofferenza e inviti alla ragionevolezza. «L'amico Salvini propose di andare dal notaio per evitare l'inciucio, oggi penso che sarebbe stato un bene andare dal notaio» punge Renato Brunetta. Francesco Giro, invece vede possibile - a determinate condizioni - l'apertura di una nuova fase. «Forza Italia da settembre scatenerà la lotta di liberazione dell'economia nazionale come condizione irrinunciabile per una società libera e liberale. Salvini ci ascolti e, se dal suo governo giungeranno soluzioni economiche e fiscali diametralmente opposte a quelle già contenute nel Decreto (indecoroso) Dignità, allora si potrà aprire una fase nuova di dialogo e di confronto».
Chi, invece, sembra prendere atto dell'inevitabile è Gianfranco Rotondi. «La grammatica politica ha regole infrante dalla pretesa di proclamare un centrodestra vivo e unito però mezzo al governo e mezzo all'opposizione.
Man mano che il governo va avanti la solidarietà tra governanti crescerà e con essa il fossato con le opposizioni, tutte. Forse conviene a tutti riconoscere che siamo tornati al tempo in cui le alleanze si facevano dopo le elezioni e non prima».
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