New York Prende forma tra le polemiche la squadra di governo di Donald Trump. A meno di due settimane dalla sua elezione mancano da riempire diverse caselle fondamentali della nuova amministrazione, ma il risiko sui ruoli chiave sino ad ora è a vantaggio dei lealisti, mentre non si placa il dibattito su alcune scelte del tycoon e sulla mancanza di diversita'.
Reince Preibus. La prima nomina del presidente eletto è stata quella di Reince Preibus come «chief of staff», una delle più alte cariche alla Casa Bianca. La scelta del capo di gabinetto è caduta su un insider di Washington, il presidente del partito repubblicano, che ha cercato di fare da ponte tra il re del mattone e l'establishment.
Steve Bannon. La nomina di Steve Bannon come capo stratega è stata sino ad ora la più controversa. Ex Goldman Sachs e per quattro anni alla guida del sito di orientamento ultraconservatore Breitbart News, Bannon è associato al movimento «alt-right», piccola frangia legata all'ideologia della destra radicale suprematista. Lui, però ha spiegato a Hollywood Reporter di non essere «un nazionalista bianco, ma un nazionalista economico». «Creeremo un movimento politico nuovo che unisce populismo e nazionalismo, puntato sul lavoro - ha detto - sarà meglio della rivoluzione di Reagan, i conservatori rimarranno stupiti».
Michael Flynn. Il generale a tre stelle in pensione a cui Trump ha offerto il posto di consigliere per la sicurezza nazionale è un fedelissimo del tycoon. In passato ha guidato la Defense Intelligence Agency sotto Barack Obama ed è stato molto critico nei confronti della sua amministrazione sulla lotta all'Isis. A suo parere la minaccia posta dallo Stato Islamico deve essere contrastata con un'azione militare più aggressiva, ed è convinto che Washington debba collaborare di più con la Russia.
Jeff Sessions. Al senatore dell'Alabama, anche lui sostenitore della prima ora di Trump, è stato offerto il posto di segretario alla giustizia, decisione che non ha mancato di sollevare critiche. In passato la sua nomina a giudice federale è stata bloccata per i suoi commenti razzisti ed è conosciuto per la linea dura contro l'immigrazione. Per lui sarà necessaria la conferma del Senato.
Mike Pompeo. Deputato del Kansas e membro della commissione intelligence della Camera, Mike Pompeo sarà il prossimo direttore della Cia. É uno dei più convinti oppositori dell'accordo sul nucleare iraniano e un sostenitore del carcere di Guantanamo, che a suo avviso dovrebbe restare aperto. Pompeo ha duramente criticato Hillary Clinton su Bengasi, definendo la sua condotta «moralmente riprovevole».
Mitt Romney. L'ex candidato alla presidenza 2012, ha incontrato Trump nel suo golf resort in New Jersey ed è uno dei papabili per la segreteria di stato. «Abbiamo parlato di questioni di sicurezza internazionale - ha detto Romney - Un incontro molto produttivo». Romney è stato uno dei critici più accesi del miliardario durante la campagna elettorale, con cui si è scambiato frecciate velenose, ma ora potrebbe entrare nella nuova amministrazione. La scelta del repubblicano moderato alla guida di Foggy Bottom darebbe un importante segnale di riavvicinamento all'establisment del Grand Old Party.
Rudy Giuliani. L'ex sindaco di New York Rudy Giuliani, passato alla storia per la sua politica «tolleranza zero» contro la delinquenza, è in lizza per la segreteria di stato. Fedelissimo di «The Donald», alfiere della lotta all'Isis e dello slogan «Make America Safe Again» («fai tornare l'America un luogo sicuro»), è sostenuto dai collaboratori più vicini al re del mattone, ma non è gradito ai rappresentanti dell'establishment Gop.
Nikki Haley. La governatrice del South Carolina, figlia di immigrati indiani, è un altra papabile per il ruolo di segretario di stato, ed è praticamente l'unica donna citata tra i candidati per la nuova amministrazione. Fonti vicine al presidente in pectore ritengono poco probabile che alla fine la scelta cada su di lei.
Chris Christie.
Il nome del governatore del New Jersey, molto vicino a Trump, è tra quelli in lista per la sicurezza interna, il ministero dei trasporti o del commercio. Già spodestato dalla guida del «transition team», a remare contro di lui è il marito di Ivanka, Jared Kushner, che vuole fargliela pagare per vecchi dissapori personali.
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