Così vicini, così nemici. Non esistono dati statistici specifici, ma di certo la condivisione di spazi favorisce l'insorgere di conflitti che sfociano spesso in alterchi e in aggressioni vere e proprie. Due i casi di queste ultime ore: uno a Termoli, in Molise, dove due famiglie che abitano in villette a schiera adiacenti si sono fronteggiate a causa di un'automobile parcheggiata in modo da rendere arduo l'accesso a una delle due abitazioni. Il battibecco si è concluso con il ceffone sferrato da un capofamiglia al proprietario dell'auto, un giovane di 21 anni, finito al pronto soccorso dell'ospedale San Timoteo di Termoli. L'altro a Misilmeri, vicino a Palermo, dove una banale lite tra condomini per il parcheggio in un residence si è trasformata in un'aggressione a colpi di martello. Un sessantunenne, Giuseppe Gianforti, ha colpito ripetutamente alla testa con un martello il vicino di 59 anni, che è stato ricoverato al Policlinico di Palermo, ma non è in pericolo di vita. L'aggressore, fermato solo dall'intervento di alcuni condomini è stato arrestato con l'accusa di tentato omicidio ed è ora in carcere.
Episodi del genere ce ne sono a bizzeffe, perché essere vicini non vuol dire soltanto dirsi buongiorno in ascensore o prepararsi delle torte come accade nelle sit-com americane. L'Anammi, l'associazione nazionale degli amministratori di condominio, studia il fenomeno della litigiosità tra vicini da anni e ha elaborato una lista dei fattori di maggior rischio nei rapporti tra condòmini: le immissioni (rumori e odori molesti provenienti da altri appartamenti); la collocazione in aree comuni di oggetti e mezzi di un singolo condomino; i rumori in cortile, spesso provocati dai bimbi che giocano; l'innaffiatura di piante sul balcone; gli animali domestici; e poi il bucato gocciolante, i mozziconi gettati dalla finestra, lo sbattimento di tovaglie.
Oltre il 50 per cento delle cause civili hanno origine da beghe condominiali. Ma arrivare in tribunale non conviene a nessuno, come fa notare Giuseppe Bica, che dell'Anammi è presidente: «Non soltanto per motivi finanziari e di tempo, ma soprattutto perché il comportamento illecito, nel frattempo, si perpetua. Meglio trovare una soluzione amichevole e cercare di essere tolleranti». Fatidico da questo punto di vista il ruolo dell'amministratore di condominio, che «deve saper mediare tra gli interessi, evitando lo scontro duro, quello che porta alla denuncia». In media, ogni anno circa due milioni di italiani fanno causa per questioni condominiali. Non solo: circa il 60 per cento degli amministratori si è trovato ad affrontare un reato di rilevanza penale e il 15 per cento è stato oggetto di ingiurie e lettere anonime.
Il fatto è che dietro una lite ci sono spesso più motivi personali che tecnici. Per questo l'Anammi è arrivata a organizzare tempo fa un seminario itinerante dedicato alla «psicologia in condominio». Roba da pazzi? No, roba da vicini.
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