Netanyahu cancella l'intesa sui migranti

Problemi politici interni dietro il caso. L'Unhcr: "Riconsideri l'annullamento"

Netanyahu cancella l'intesa sui migranti

Ora la marcia indietro è completa. Benjamin Netanyahu, che lunedì sera aveva deciso la sospensione dell'intesa con l'agenzia dell'Onu per i rifugiati (Unhcr) che prevedeva l'invio all'estero di oltre sedicimila immigrati africani in Israele, ne ha annunciato la definitiva cancellazione.

Più che all'imbarazzo generato dalle smentite dei governi di Italia e Germania, che secondo il premier israeliano avrebbero dovuto accogliere gli «irregolari infiltrati da Sudan ed Eritrea», Netanyahu sembra aver ceduto a pressioni politiche interne: da una parte l'aperta insoddisfazione della destra religiosa guidata dal ministro dell'Istruzione, l'astro nascente Naftali Bennett (che non accetta neppure l'idea di una regolarizzazione temporanea di una frazione degli africani già presenti in Israele), dall'altra la protesta montante dei residenti della periferia povera di Tel Aviv costretti a convivere con immigrati irregolari sentiti come totalmente estranei al contesto sociale.

Sarebbe dunque stata la necessità di risolvere un problema di politica interna a rischiare di farne nascere uno a livello internazionale. Certamente è insolito assistere da parte dell'accorto primo ministro israeliano a una mossa talmente goffa da provocare reazioni secche se non stizzite (e non poteva che essere così) da parte di Paesi amici come l'Italia e la Germania.

Ora in Israele gira voce che sarebbe stato il Ruanda - uno dei due Paesi africani inizialmente indicati da Gerusalemme come destinatari del ritorno forzato degli immigrati indesiderati in Israele - a innescare il problema, facendo una inattesa marcia indietro rispetto a un'iniziale disponibilità. Resta però difficile capire come mai Netanyahu si sia sentito libero di citare per nome proprio Italia, Germania e Canada invece di limitarsi a indicare come meta del viaggio di ritorno dei generici «Paesi occidentali sviluppati».

A questo punto al premier israeliano non resta che ripartire dalla casella di partenza. «Cercheremo soluzioni diverse per risolvere la questione - ha detto ieri mattina -. Nonostante le difficili limitazioni giuridiche e le crescenti difficoltà internazionali, continueremo a lavorare con determinazione per ricorrere a tutte le possibilità che abbiamo a disposizione per far uscire gli infiltrati dal Paese».

Intanto l'Unhcr ha chiesto a Netanyahu di riconsiderare la sua decisione e di non bocciare un

accordo «di cui beneficerebbero Israele, la comunità internazionale e le persone che hanno bisogno di asilo». Anche qui, va notato, l'oscurità sulla chiamata in causa del nostro Paese come meta dei migranti non viene diradata.

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