Niente confisca dei beni se i debiti si rateizzano

L'accordo con l'Erario scongiura il sequestro: la Cassazione dà ragione a un imprenditore

Niente confisca dei beni se i debiti si rateizzano

Roma - Se c'è un accordo con il fisco per restituire le somme dovute a rate, non è più possibile confiscare i beni del contribuente.

Come riporta Italia Oggi, la sentenza della Corte di Cassazione del 7 luglio scorso chiarisce un punto delicato e controverso della riforma fiscale del 2015, dando ragione ad un imprenditore marchigiano finito sotto indagine dei pubblici ministeri con l'accusa di dichiarazione infedele, contro il quale era stato spiccato un provvedimento di confisca per oltre 200 mila euro.

I giudici della Suprema Corte hanno invece affermato che questo è illegittimo, accogliendo il suo ricorso e imponendo un nuovo giudizio al tribunale di Fermo, che dovrà riconsiderare tutto il caso sulla base delle nuove norme. La decisione è andata contro il parere del procuratore generale della Cassazione, che nell'udienza del 9 febbraio aveva chiesto l'inammissibilità dell'impugnazione.

La tesi generale è dunque che, dopo la riforma fiscale del 2015, non potrà più essere disposta la confisca sui beni del contribuente quando c'è un semplice accordo sulla rateizzazione. Questo anche senza che ci sia stato un sequestro preventivo.

In sostanza, basta che un contribuente abbia assunto un impegno con il fisco, secondo uno dei termini ammessi (dalla conciliazione giudiziale all'accertamento con adesione, dalla transazione fiscale all'attivazione di procedure di rateizzazione sia automatica che a domanda), per impedire che siano confiscati i suoi beni.

Perché quell'impegno, secondo la Cassazione, già soddisfa l'interesse al recupero delle somme evase o non versate e non è necessario che si arrivi all'esproprio.

La sentenza n. 28225 della Suprema Corte ha annullato con rinvio il verdetto precedente dei giudici di Fermo riguardo appunto alla confisca, condividendo la posizione della difesa, che chiedeva il dissequestro e lamentava, prima di tutto, la mancata e preventiva escussione del patrimonio aziendale. I legali dell'imprenditore, per invalidare la misura, hanno citato il nuovo articolo 12 bis del dlgs 74 del 2000.

E i giudici dalla Cassazione hanno confermato che quest'articolo deve essere interpretato nel senso che l'impegno del contribuente a versare all'erario le somme dovute non è condizionato dall'eventuale presenza di un sequestro preventivo, sterilizzando solo gli effetti della confisca. I magistrati del Palazzaccio hanno anche bacchettato gli inquirenti che si sono occupati del caso dell'imprenditore autore del ricorso.

Prima di disporre il sequestro, infatti, i pm avrebbero dovuto escutere il patrimonio della società e la misura sarebbe stata legittima solo se risultava da questa verifica la assoluta assenza di beni. Così non è andata e ora è tutto da rifare.

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