
Per il capo del Pentagono Hegseth è stato devastato il programma nucleare iraniano, per gli ayatollah nulla è compromesso e i danni sarebbero contenuti. Al netto della narrazione sull'asse Washington-Teheran, le sei bombe "bunker buster" su Fordow-Qom e i trenta missili Tomakawk su Natanz e Isfahan hanno quanto meno rallentato il progetto atomico dell'Iran, che in un solo colpo si trova a dover raccogliere le macerie di tre impianti all'avanguardia per l'arricchimento dell'uranio.
Tuttavia qualcosa non torna: l'Aiea è in grado di confermare che non sono stati segnalati aumenti dei livelli di radiazioni all'esterno dei siti. Il ministero della Sanità di Teheran rivela che "nessun tra gli 11 feriti manifesta segni di contaminazione radioattiva".
Secondo l'intelligence militare di Tel Aviv, l'uranio arricchito era immagazzinato a Natanz e Isfahan e la stragrande maggioranza non è stata portata fuori dai siti, quindi si trovava lì al momento dell'attacco. Ma il Segretario di stato Usa Rubio sottolinea che "nessuno saprà per giorni se Teheran abbia spostato parte del suo materiale nucleare prima degli attacchi". Per l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, che ha ribadito come l'Iran avesse accumulato 508,6 chili di uranio arricchito fino a una soglia vicina al 90%, Teheran potrebbe invece aver spostato la maggior parte dell'uranio in qualche località sconosciuta dopo i raid d'Israele del 13 giugno. Nei giorni scorsi qualcuno parlava di Gaza, ipotesi fantascientifica e di certo non sostenuta dai satelliti spia che avrebbero registrato strani movimenti a 1.500 km di distanza da Qom. Secondo l'intelligence giordana il tesoro di Teheran si troverebbe nei bunker sotterranei della centrale nucleare di Bushehr, impianto costruito dalla Russia e che è entrato in funzione nel settembre del 2011. Ieri pomeriggio anche il sito di Bushehr è stato colpito dai caccia israeliani, e non risulta esserci aumento di livelli radiattivi. A meno che l'Iran abbia allestito negli ultimi anni laboratori top secret (forse nelle zone desertiche di Nehbandan, 920 km a sud-est di Teheran), per esclusione restano attenzionati gli impianti di Darkhovin, nel distretto del sud-ovest del Paese, e di Sirik, sullo stretto di Hormuz, attivo dal marzo del 2024. Sibillina la frase del ministro degli Esteri Araghchi: "la conoscenza nucleare nazionale non può essere distrutta dai bombardamenti".
E poche ore dopo Ali Shamkhani, consigliere della guida suprema Khamenei ribadisce: "Abbiamo a disposizione uranio arricchito, conoscenze e volontà. Ci saranno sorprese". L'operazione americana, ribattezzata Midnight Hammer, di problemi agli ayatollah ne ha comunque creati. Le immagini satellitari scattate dopo l'attacco Usa al sito di Fordow, mostrano danni agli ingressi della struttura, scavata in profondità nella montagna, con i tunnel d'accesso bloccati. Sarà necessario scavare per entrarvi. Altre immagini, pubblicate dal Jazeera, mettono in risalto sei vasti crateri, in corrispondenza delle deflagrazioni delle buster, e il sistema di difesa aerea annientato.
Qui all'inizio del 2023 erano state rilevate particelle di uranio arricchito all'83,7%, ma l'Iran aveva parlato di "fluttuazioni involontarie". I danni sono evidenti anche all'impianto di Isfahan, che conteneva, secondo i dati dell'Aiea, piccole quantità di uranio naturale o debolmente arricchito.
Natanz invece era già stato attaccato dai caccia d'Israele il 13 giugno, ma anche in questo sito non si trovavano quantità importanti di uranio arricchito. Il regime lo utilizzava come hub di riserva dopo che il 2 luglio 2020 l'esplosione di una bomba aveva devastato l'area assemblaggio delle centrifughe.