La situazione era in effetti borderline: Vitangelo Bini, ex vigile urbano, 88 anni, nel 2007 uccise con tre colpi di pistola la moglie, Mara Tani, che di anni ne aveva 82. Era malata terminale di Alzheimer e ricoverata all'ospedale di Prato. Non voleva più vederla star male e star male lui stesso, i figli presero subito le sue parti: «Soffriva mio padre, da tempo - disse Angela Bini - Siamo tutti con lui, divorati dal dolore, ma uniti nella tragedia».
La giustizia non fu altrettanto comprensiva e lo condannò a 6 anni e mezzo di reclusione, sentenza confermata dalla Cassazione. Che ieri ha spiegato perché segnando una linea di confine precisa sul tema sempre controverso del fine vita: non fu gesto di umana pietà ma omicidio, pur con tutte le attenuanti. Non può essere ritenuta «di particolare valore morale», sentenzia la Cassazione, la condotta di «omicidio di persona che si trovi in condizioni di grave e irreversibile sofferenza fisica», perché «nell'attuale coscienza sociale il sentimento di compassione o di pietà è incompatibile con la condotta di soppressione della vita umana».
La Suprema Corte ha così rigettato il ricorso dell'imputato, condividendo le conclusioni dei giudici, che avevano ritenuto che l'uomo, al momento del fatto, si trovava in condizioni di «diminuita capacità di intendere», riconoscendogli le attenuanti generiche e per l'avvenuto risarcimento del danno, ma non quella dell'«aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale». Proprio su questo punto verteva il ricorso presentato dalla difesa, in cui si rilevava che «secondo il sentire diffuso della comunità sociale, la partecipazione all'altrui sofferenza può essere vissuta, in casi estremi, anche con la soppressione della vita sofferente». Tesi non condivisa dai giudici della prima sezione penale del Palazzaccio, secondo i quali il ragionamento può valere per gli animali da compagnia non per gli umani per i quali «operano i principi espressi dalla Carta costituzionale, finalizzati alla solidarietà e alla tutela della salute».
Prima la vita, poi la compassione che non va confusa con il trattamento di fine vita. La Cassazione ricorda che «nella coscienza sociale è ancora dibattuto il tema della eutanasia, e che comunque è chiaro il ripudio di condotte caratterizzate da violenza su persona indifesa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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