Niente udienza show per Davigo alla sbarra

Sarà interrogato il 7 a porte chiuse. E l'ex amico Ardita si costituisce parte civile

Niente udienza show per Davigo alla sbarra

Ha cercato di trasformare l'udienza in un evento mediatico, chiedendo che giornalisti e telecamere fossero ammessi a riprendere tutto: Piercamillo Davigo, il «dottor Sottile» del pool Mani Pulite, stavolta non ce l'ha fatta: udienza a porte chiuse, come è prassi. Sul tavolo del giudice preliminare di Brescia Federica Brugnara c'è la richiesta di rinvio a giudizio per rivelazione di segreto d'ufficio che rischia di portare Davigo sul banco degli imputati, accusato di avere convinto il pm milanese Paolo Storari a consegnargli i verbali segreti che parlavano della «loggia Ungheria»: e di averli poi volantinati qua e là per Roma. Una accusa da cui Davigo si difende sostenendo di avere agito come membro del Consiglio superiore della magistratura, veste che gli consentiva di ricevere i verbali: ma non certo con le singolari modalità (a mano, in brutta copia, di nascosto) con cui ricevette i verbali da Storari.

Se le telecamere fossero potute entrare ieri nell'aula del tribunale bresciano, d'altronde, avrebbero potuto riprendere solo l'autodifesa di Storari: Davigo parlerà il 7. Storari ha parlato per oltre tre ore, spiegando per filo e per segno perché era - ed è tutt'ora - convinto di avere agito nel giusto: ha parlato dei suoi interrogatori dell'avvocato Piero Amara, ha citato le rivelazioni sulla presunta loggia segreta, ha raccontato di come aveva insistito sui suoi capi - compreso il procuratore Francesco Greco - perché si scavasse a fondo, incriminando da un lato Amara e il suo complice Vincenzo Armanna (entrambi avvocati siciliani coinvolti nel complotto contro i vertici Eni) sia dall'altro lato alcuni dei nomi che venivano indicati come partecipi alla loggia. Di fronte alle resistenze di Greco, ha sostenuto dall'inizio Storari, non ho avuto altro modo di tutelare la mia posizione che rivolgendomi al Csm. Cioè a Davigo. Che mi garantì che era assolutamente lecito che gli consegnassi copia dei verbali.

Storari, dei due, è in questo momento quello che rischia di più: ha cinquant'anni, e davanti una carriera che rischia di essere devastata da procedimenti disciplinari e penali (entro la metà del mese il Csm deciderà se cacciarlo da Milano). Davigo ormai è in pensione. Ma è chiaro che sarà la sua sorte ad essere più significativa delle dinamiche interne alla magistratura in questa fase convulsa. Davigo appare solo contro tutti: in rotta di collisione frontale con il suo ex collega di Mani Pulite Francesco Greco, che dall'indagine sulla gestione della loggia Ungheria è nel frattempo è uscito incolume (con un'archiviazione che definiva «improvvida» la decisione di Davigo di incamerare i verbali di Storari); ma il «Dottor Sottile» è ai ferri corti anche con un magistrato che un tempo gli era molto vicino, il membro del Csm Sebastiano Ardita, suo compagno di corrente, indicato da Amara come iscritto alla loggia Ungheria.

E ieri Ardita chiede e ottiene di costituirsi parte civile contro l'ex amico Davigo e contro Storari: «senza le condotte illecite compiute dai due imputati, Ardita non avrebbe subìto la massiva infamante divulgazione di quelle informazioni riservate».

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