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Nigeriano morde poliziotto Vietato sapere se è ammalato

I test sanitari sull'uomo, arrestato dalla Polfer, violano la privacy. Così per un anno sarà l'agente a doverli fare

Nigeriano morde poliziotto Vietato sapere se è ammalato

L'extracomunitario lo morde, il poliziotto dovrà fare accertamenti sanitari per i prossimi 12 mesi, senza poter sapere se abbia contratto qualche malattia ed eventualmente quale. Tutto questo perché la legge italiana ritiene «troppo invasivo» un eventuale prelievo forzoso al malvivente.

I fatti risalgono allo scorso 10 ottobre quando due agenti della Polfer di Catania sono stati chiamati dal capotreno a intervenire perché un nigeriano, sprovvisto di biglietto, stava creando problemi al personale delle ferrovie. Alla vista dei poliziotti l'uomo ha acconsentito a scendere dal treno, ma una volta a terra ha aggredito uno dei due, assalendolo alle spalle. Sono così intervenuti altri due agenti, i quali, con enorme fatica, hanno immobilizzato e reso inoffensivo l'extracomunitario, non prima, però, che lo stesso, nel tentativo di divincolarsi, riuscisse a prendere a morsi uno dei poliziotti, sferrando peraltro anche calci e pugni. I quattro sono stati tutti refertati e a ognuno di loro sono stati dati alcuni giorni di prognosi. La peggio l'ha avuta, però, l'agente morsicato. Per lui è iniziato un calvario che durerà ancora molto tempo. «Per il prossimo anno e ogni sessanta giorni - racconta Giuseppe Coco, segretario provinciale del Sap (sindacato autonomo di polizia) di Catania - il collega dovrà sottoporsi a controlli regolari al fine di poter individuare non si comprende quale malattia. Questo perché al nigeriano non è stato possibile effettuare alcun test. Un prelievo, invece, avrebbe permesso di accertare per tempo se il migrante sia affetto da qualche morbo. La legge italiana considera infatti la procedura del prelievo al malvivente, se lo stesso non dà il consenso, troppo invasiva. Insomma, non si può procedere col prelievo forzoso perché equiparato a un Tso, ma è paradossale, perché così si rende un incubo la vita di chi ha subito un danno nell'esercizio del proprio dovere».

L'agente dovrà vivere ancora molti mesi con il pensiero di essersi presumibilmente ammalato, mentre l'extracomunitario potrà continuare a vivere la sua vita senza preoccupazioni. «Consideriamo - prosegue Coco - che l'agente è un quarantenne, quindi ancora giovane, con famiglia e figli. Pertanto il problema si estende alla moglie e ai bambini, che potrebbero essere a rischio contagio se il poliziotto avesse davvero contratto qualche morbo». Peraltro, il nigeriano arrestato nello zaino aveva occultate, all'interno di una confezione di caramelle, 13 pasticche di uno psicofarmaco, probabilmente il Rivotril, assimilabile, negli effetti, all'eroina se assunto con una dose minima di alcol e utilizzato spesso dai tossicodipendenti. Che, spesso e volentieri soffrono di malattie invalidanti, quali epatite, Hiv e chi più ne ha, più ne metta.

Dai controlli si è inoltre potuto appurare che l'uomo era tra i profughi sbarcati a Catania il 12 settembre 2014 e che aveva presentato richiesta di asilo politico. Per il segretario nazionale del Sap, Gianni Tonelli, «questa storia non è che la triste parodia della condizione dell'Italia, un Paese in cui, visto che si ragiona sempre con le lenti ideologiche, non si riesce mai a individuare le responsabilità. In questa Nazione le divise sono unicamente meritevoli del disprezzo del sistema.

Possibile - conclude - che la privacy di uno straniero debba essere considerata maggiore di quella di un agente di polizia che fa il proprio lavoro? L'Italia è un Paese allo sfascio, credo ci sia poco altro da aggiungere».

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