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Come in un night club da Ralph Lauren Lady D ispira Tory Burch

Lo smoking diventa la divisa di una nuova femminilità, indipendente ma glamour

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New York Notturno americano, il più elegante e nostalgico che si possa immaginare con tanto di esibizione dal vivo di una performer con voce da brivido, bellezza e presenza scenica paragonabili solo a Billie Holiday.

Il suo nome? Janelle Monáe, pupilla di Prince e Stevie Wonder, fortemente voluta da Ralph Lauren per lo spettacolo offerto al termine dello spettacolare evento con cui ha presentato la Fall 2019, ovvero la collezione per l'imminente autunno/inverno. Lo stilista più ricco del mondo (vanta un fatturato globale di 6.3 miliardi di dollari e 501 negozi di proprietà) ha magistralmente orchestrato un'experience più che una sfilata ricostruendo un vero e proprio night club dell'epoca del proibizionismo nell'antica sede della Bank of New York a Wall Street.

«Due giorni fa di tutto questo c'era solo la scalinata in marmo» dicevano gli addetti alla security guardando esterrefatti i giganteschi lampadari deco, le specchiere montate su marmo bianco profilato in nero, il grande bar in mogano riproduzione fedele di uno speakeasy sul retro del Cotton Club.

Il mitico locale newyorkese cui Francis Scott Coppola dedicò un magnifico film con Richard Gere che suona davvero la cornetta e Tom Waits che recita invece di cantare, viene citato anche nei tavolini dove si siedono i 240 ospiti (tra loro una radiosa Cate Blanchett che ha definito «Iconic» l'intera serata) per assistere allo show. Esce per prima Gigi Hadid con un meraviglioso cappotto da smoking interamente ricoperto di micropailette argentate buttato sulle spalle. Sotto ha dei pantaloni dal taglio sublime con la classica banda di gros grain laterale e una candida camicia dotata di plastron.

A completare il tutto i sandali fatti con un perfetto papillon (qui lo chiamano bow tie) appoggiato sulle dita del piede. Il messaggio è chiarissimo e viene ripetuto in ogni uscita: lo smoking (qui lo chiamano tuxedo) come divisa di una femminilità moderna, indipendente e piena di glamour. Lo ripete di persona Ralph Lauren con un magnifico modello estivo e quindi bianco che ha lo stesso impeccabile taglio di quello nero indossato da sua moglie Ricky. Il bianco abbinato al nero è un leitmotiv di collezione ma non mancano strepitose giacche in raso duchesse blu zaffiro, giallo ambra o rosso rubino, tinta citata anche nei due fulminanti abiti da sera con una teoria di pieghe originate da un nodo laterale. Insomma Yves Saint Laurent che voleva inventare i jeans e invece ha lanciato l'immagine chic e conturbante della donna in smoking, s'inchinerebbe davanti alla maestria del collega americano, un uomo capace di trasformare la nostalgia nel motore di ricerca della modernità.

In un certo senso fa la stessa operazione anche Tory Burch che ha sfilato ieri mattina nel Brooklyn Museum con una bella collezione ispirata a Lady Diana. «Non ho guardato tanto a come si vestiva, ma com'era, quello che faceva per sé e per gli altri, il suo essere donna e madre prima che icona di stile» dice la designer poco prima di far sfilate la versione moderna e divertente delle mostruose bluse con fiocco che Lady D indossava prima di sposarsi.

Poi ci sono i pois e i vestiti drappeggiati da sirena come quello sfoggiato dalla principessa nel ballo alla Casa Bianca con John Travolta. Desiderabili oltre ogni dire le borse e gli accessori in gernerale, impeccabile la messa in scena. Del resto qui a New York l'importanza della scenografia è più centrale che mai: a volte si supplisce con questo alla povertà creativa dei vestiti. Non è il caso di Tory e neppure di Chiara Boni: due donne che lavorano per far belle le donne e per questo vengono giustamente ripagate dal successo.

Invece da Longchamps la collezione guadagna moltissimo dalla location in cui avviene la sfilata: il grande specchio d'acqua alle spalle del Lincoln Center. Certo non si ricorda un vestito se non i primi cinque modelli molto pradeschi mentre invece colpiscono le mini borse in cui entra a malapena la carta di credito. Da Jeremy Scott conta piuttosto il pubblico che è a dir poco fantasmagorico, una cosa tra il circo e il carnevale.

In passerella è un po' lo stesso per via degli abiti da Barbie con colori da Arlecchino e stivali cuissard in vynil nello stesso colore della parrucca.

Pare che lo stilista si diverta molto, i suoi fan pure, ma gli addetti ai lavori si chiedono che fine abbia fatto lo stile.

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