Dal no dei "controllori" agli esonerati: tutte le criticità per l'uso del lasciapassare

La validità del documento può essere verificata dalle forze dell'ordine ma anche dai gestori dei locali, che spingono per le autocertificazioni

Dal no dei "controllori" agli esonerati: tutte le criticità per l'uso del lasciapassare

Ora che la data per il via libera del green pass si avvicina restano ancora tante domande sul tavolo. A partire dalla principale: chi controlla? La validità del Green Pass può essere verificata dalle forze dell'ordine, dai pubblici ufficiali, dal personale di ospedali e Rsa, ma anche dai gestori dei locali, dagli organizzatori di eventi e dai proprietari o affittuari delle location nelle quali è necessario esibirlo. Una verifica che fa storcere il naso a molti esercenti: controllori che si rifiutano di controllare e di caricarsi sulle spalle questa responsabilità. «I gestori dei bar e dei ristoranti non sono pubblici ufficiali e come tali non possono assumersi responsabilità che spettano ad altri - dice la Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi - È impensabile che titolari e dipendenti possano mettersi a chiedere alle persone di esibire il loro green pass e ancor meno a fare i controlli incrociati con i rispettivi documenti di identità. Così facendo c'è il rischio di rendere inefficace la norma».

La proposta è quella di una autocertificazione che sollevi i titolari da ogni compito. «Chi dichiarerà il falso lo farà a suo rischio e pericolo». L'obbligo comunque di avere il green pass vale al momento solo per i clienti mentre non è previsto per gestori, esercenti, proprietari, camerieri o qualsiasi altro lavoratore dei locali che al contrario dei clienti dovranno indossare la mascherina per tutto il tempo del servizio.

E per le attività di ristorazione di hotel, residence, b&b, agriturismi? E per le mense universitarie o aziendali? Il decreto parla di «servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio per il consumo al tavolo, al chiuso». Leggendo il vecchio dl, relativo alle misure per la graduale riapertura delle attività, la ristorazione negli alberghi e in altre strutture ricettive per i clienti alloggiati nelle camere era esclusa dai limiti di orari. Resta quindi il dubbio visto che per alloggiare nelle strutture non è richiesto alcun Pass. Quanto alle residenze e alle mense universitarie, dovranno essere aggiornate le linee guida elaborate lo scorso anno. La Statale di Milano ha anticipato invece i tempi introducendo l'obbligo di Green Pass entro fine anno. Del momentaneo esonero oltre che i camerieri usufruiranno anche gli insegnanti e i dipendenti scolastici. La scelta è dettata dalla volontà del governo di non rendere obbligatorio il green pass sul posto di lavoro. Una tendenza che si potrebbe però invertire a seconda dell'andamento dei contagi. Per il momento si è deciso di aspettare ed eventualmente modificare in corsa. Il certificato verde nella prospettiva di Draghi è anche uno strumento per incentivare i vaccini, per far rompere gli indugi a quei pochi dubbiosi che ancora non hanno scelto se vaccinarsi o meno dunque l'orientamento del presidente nella lotta al virus è all'insegna della gradualità.

Landini, Bombardieri e Sbarra i leader sindacali di Cgil, Cisl e Uil ribadiscono che il green pass «non può essere uno strumento per licenziare, discriminare, demansionare i lavoratori». Bombardieri ha ricordato che «L'unico Paese in cui è prevista l'obbligatorietà dei vaccini è l'Arabia Saudita».

I sindacati confederali non mettono veti e non gridano pregiudizialmente «no» al green pass, purché il governo non scelga la via delle sanzioni per chi decide di non vaccinarsi.

Luigi Sbarra ha confermato la disponibilità ad aprire un confronto con le associazioni datoriali e con il governo «per migliorare e rafforzare» gli accordi sottoscritti «per contrastare il Covid e sostenere la campagna di vaccinazione nei luoghi di lavoro».

E per i bambini? Resta l'esonero fino ai 12 anni proprio in virtù del fatto che non ci sono vaccini per questa fascia d'età.

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