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"Noi alla Voce preferiamo i fatti alle... bagole"

Il quotidiano festeggia i suoi primi 25 anni: "I giornali sopravvivono solo se sanno ascoltare"

"Noi alla Voce preferiamo i fatti alle... bagole"

Quando mi hanno chiesto d'intervistare Alessio Tarpini - dall'aprile 2014 direttore del quotidiano La Voce di Mantova che nella città e nella provincia virgiliana esce insieme a Il Giornale - ho avuto un tuffo al cuore. Nel 1993, anno di nascita del foglio, La Voce accolse me, 25enne mantovana di Quistello, nella sua grande famiglia per collaborare. Lì iniziai i primi passi nel giornalismo, fu una grandissima palestra. Capitava che io e Alessio, allora 23enne e pure lui collaboratore allo sport, c'incrociassimo nella bella redazione di piazza Sordello: nei suoi occhi riconoscevo il mio stesso entusiasmo, i miei sogni, la curiosità senza confini. E ora che La Voce compie il suo quarto di secolo - si festeggia mercoledì alle 18 al Teatro Bibiena di via Accademia, alla presenza, tra gli altri, anche del nostro direttore Alessandro Sallusti - in lui c'è ancora quello sguardo di tanti anni fa.

Venticinque anni...Ma la Voce, con la concorrenza della storica Gazzetta di Mantova, veniva data per morta dal primo giorno...

«Sì, due quotidiani in una piccola città come questa sembravano troppi. E tuttora considero ancora una specie di miracolo essere in edicola il giorno dopo...».

Ci sarà un segreto...

«Come Il Giornale siamo una voce fuori dal coro. Del resto La Gazzetta, il nostro concorrente, è molto schierata e la gente vuole qualcosa di diverso».

E la Voce cosa propone ai suoi lettori? Come li cattura?

«Qui le porte sono aperte per tutti, ascoltiamo sempre i cittadini che ci sottopongono un problema, cerchiamo di approfondire dove altri non ci provano nemmeno. Questo lavoro ormai si può fare purtroppo anche da seduti alla scrivania, ma noi abbiamo mantenuto la stessa vecchia scuola del giornale di provincia, anche se questo porta via tempo e risorse: il nostro cronista si reca sempre sul posto».

E poi?

«Cerchiamo di suscitare l'interesse dei giovani per spingerli a leggere. Ad esempio parlando di sport, prediligiamo il calcio giovanile, per gli spettacoli quelli di musica attuale, emergente. Siamo proiettati nel futuro. E alla fine questo ripaga».

Nel 1993, anno di nascita del quotidiano, alle elezioni la Lega trionfò a Mantova, da sempre «città rossa»...

«Sì. Raggiunse il 42% , vinse a mani basse. E visti i risultati delle recenti Politiche direi che ci abbiamo visto lungo...Per 25 anni!».

Come sarà, superata la crisi, il giornalista del futuro?

«Siamo in un momento di grande transizione: il cronista di un tempo non c'è più e quello del futuro è ancora una figura in via di formazione, che deve trovare una sua dimensione. Non sarà facile».

Cosa manca alla Voce e cosa hanno di unico i suoi lettori?

«Questo resta un lavoro magico, ma a molti collaboratori manca la curiosità, fondamentale per questo lavoro.

Mantova non è mai cambiata, si autodefinisce bella addormentata e non le dispiace affatto: siamo ancora la città di provincia per eccellenza, dove dominano le bagole (le chiacchiere, ndr), il lettore legge il giornale dal fondo per la pagina dei morti... Ma restiamo nostrani, genuini. E questa è la nostra forza».

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