Non un asilo ma un lager: bimbi picchiati e morsicati

Choccati anche i carabinieri che sorvegliavano la struttura. La responsabile ha già ottenuto i domiciliari

La frase degli investigatori dell'Arma dei carabinieri è lapidaria e fin troppo eloquente: «Ogni giorno aveva la sua vittima, esclusivamente in funzione umorale della coordinatrice e titolare del nido. Da subito abbiamo capito che la situazione dentro quel nido era gravissima».

Viale Sarca 187, zona Bicocca, periferia nord di Milano. Il piccolo asilo privato BabyWorld (6-700 euro al mese per 9 piccoli ospiti dai 10 mesi ai tre anni di età, come prevede la catena franchising di cui fa parte e che risulta completamente estranea a questi fatti, ndr) ha un sole disegnato sulla porta d'ingresso a vetri - ora schiacciato dagli incartamenti che indicano il sequestro della struttura - dentro la quale più che il calore di quei piccoli raggi regnava il gelo di una sorta di addestramento militare, imposto però a dei minori incapaci di reagire che venivano malmenati a suon di schiaffi, morsi, lesioni, percosse di ogni genere o subivano, strillando come aquilotti, addirittura punizioni impietose, dovendo restare segregati al buio per ore, legati sopra sdraio all'interno del bagno delle assistenti. Ventisei gli episodi accertati dai carabinieri della stazione di Greco Milanese e della compagnia Monforte attraverso ambientali e telecamere e che si sono adoperati sin da metà giugno - dopo la denuncia di due collaboratrici della scuola licenziatesi - per documentare questo «lager infantile».

I provvedimenti a carico dei due gestori della struttura scolastica - subito arrestati, lei poi spedita ai domiciliari e lui lasciato addirittura libero - sembrano blandi e non si esclude potrebbero essere appellati dal pm. Ieri, infatti, quando i genitori hanno visto le immagini dell'asilo dove, fiduciosi, portavano i loro bambini (il motivo per cui era stato chiuso il nido era stato rivelato al momento solo alla madre e al padre del piccolo morsicato) ora pretendono giustizia.

I due responsabili dell'asilo, costituiscono la classica coppia a incastro. Predominante e aggressiva lei, la coordinatrice, Milena Ceres, 34 anni, originaria della provincia di Salerno, con una laurea in lettere e filosofia e una in scienze dell'educazione, residente a Monza insieme al compagno di vita e principale collaboratore, Enrico Piroddi, 35enne, cagliaritano, laureato in sociologia, descritto dai militari che hanno condotto le indagini come «remissivo e succube», ma sempre pronto a istruire pedissequamente le due educatrici che si alternano nella scuola. «Se i genitori fanno domande su quel livido o quel rossore dite loro che il figlio è inciampato contro il tavolo ed è caduto».

Lei, accusata di maltrattamenti e lesioni aggravate è stata portata in caserma a Greco Milanese per essere arrestata mercoledì 27 luglio, subito dopo che, attraverso le telecamere i carabinieri assistono a una scena scioccante: la Ceres insiste affinché un bimbo di 2 anni sollevi una bottiglia di plastica da terra. Il piccolo lo fa ma la giovane donna pretende che ripeta il gesto più volte. Il bambino non capisce cosa voglia da lui l'insegnante, è frastornato; la Ceres allora s'innervosisce, gli tira le orecchie, quindi, all'improvviso, gli dà un morso in faccia. I militari dietro le telecamere sobbalzano e, agendo d'iniziativa, corrono alla scuola.

Seduta in caserma, con la borsetta in grembo, davanti ai carabinieri (Enrico è rimasto, guardato a vista da altri due militari, a dare la pappa ai piccoli della scuola) non fa un plissé: «I miei metodi educativi sono molto validi - sostiene nella sua lucida follia -. Quando un bambino fa i capricci va trattato duramente». Gelida, granitica, Milena, accompagnata dal suo Enrico, lo è rimasta anche davanti alle porte di San Vittore.

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