"Non aveva la pistola". Varriale finisce indagato dalla Procura militare

"Non aveva la pistola". Varriale finisce indagato dalla Procura militare

Era presente lo scorso 26 luglio quando il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega (nella foto) è stato accoltellato e ucciso in strada, a Roma, da due giovani turisti americani. Ma le dichiarazioni del carabiniere Andrea Varriale, frammentarie quando non palesemente false, hanno reso più difficile il lavoro degli inquirenti invece di facilitarlo. E adesso, dopo il trauma di aver assistito alla morte del collega, il militare rischia di finire nei guai.

La Procura militare, che già sta indagando sulla diffusione della foto di uno dei due statunitensi ammanettato e bendato in caserma, lo ha iscritto nel registro degli indagati per «violata consegna». L'accusa si riferisce al fatto che la sera della tragedia si era presentato disarmato all'appuntamento con Gabriel Natale Hjort e Finningan Lee Elder, ora in carcere per l'omicidio del militare, che pensavano di incontrarsi con Sergio Brugiatelli per restituirgli lo zaino rubato in cambio di soldi e droga. I due americani hanno sempre detto che i due erano disarmati, in borghese e senza tesserino di riconoscimento. Non immediatamente identificabili come carabinieri, dunque. Varriale aveva invece sempre riferito di aver avuto con sé la pistola, mentre si sapeva che Cerciello l'aveva dimenticata in caserma. Gli sviluppi dell'indagine hanno dimostrato che le cose non son andate in questo modo: la sera del 26 luglio anche Varriale era disarmato. Altrimenti le cose avrebbero potuto prendere una piega diversa.

È stato lo stesso carabiniere ad ammetterlo in un secondo momento, lo scorso 9 agosto, raccontando agli inquirenti di aver mentito ai suoi superiori sulla pistola per timore di una punizione. Un comportamento che per la Procura militare, competente ad indagare su reati commessi dai rappresentanti delle forze dell'ordine, avrebbe comportato la violazione dell'articolo 120 del codice penale militare di pace. Per il procuratore Antonio Sabino di tratta di un atto dovuto dopo le notizie di stampa emerse finora. Le indagini sono comunque ancora in fase esplorativa.

Le bugie di Varriale potrebbero offrire spunti interessanti alla difesa dei due americani.

Proprio insistendo sul fatto che la ricostruzione dei fatti si basa, tra l'altro, sulla testimonianza di una persona che ha mentito, qualche giorno fa i legali di Finningan Lee hanno ritirato la richiesta di scarcerazione per il loro assistito in attesa che si faccia piena luce sulla vicenda.

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