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Ma non bastano i "bollini" per valorizzare un Paese

Ma non bastano i "bollini" per valorizzare un Paese

E un altro bollino Unesco è arrivato all'Italia. Da oggi sono patrimonio mondiale dell'umanità le cosiddette mura venete, cioè le opere di difesa veneziane costruite tra il XVI e XVII secolo, che hanno reso impareggiabilmente uniche e strepitosamente attraenti cittadine come la Bergamo alta e bassa, amata e narrata da Hemingway e Quasimodo, come Peschiera del Garda con le sue cinte murarie, bastioni e baluardi militari addossati sul lago, come Palmanova la città geometricamente perfetta e inaudita per definizione. Bene, abbiamo un altro bollino Unesco da esibire. E allora? Cosa ce ne facciamo? Nel 2011 l'Unesco premiò come patrimonio mondiale i siti longobardi. Giornali e televisioni ne parlarono per due giorni, il ministro dei beni culturali brindò per il successo raggiunto; ma poi cosa è cambiato al Tempietto longobardo di Cividale del Friuli, vicino Udine? Qualcuno di voi c'è andato? Siete stati attratti da pubblicità, promozioni, viaggi direzionati alla sua scoperta? E il Castrum di Castelseprio e Torba, vicino Varese, quanti di voi l'hanno visto dopo essere stato baciato dall'Unesco? Le vostre vacanze sono state indirizzate alla conoscenza del Santuario Garganico di San Michele a Monte Sant'Angelo, presso Foggia, dopo che i soloni dell'Unesco hanno abbracciato questo Santuario longobardo dichiarandolo un bene di cui l'umanità intera deve farsi fiera? Diciamo la verità: il bollino Unesco è una moda che fa figo esibire. Ma nella sostanza cosa cambia? Non cambia nulla. Perché? Perché l'arte non la rende viva l'Unesco. La rendono viva il profitto, gli affari, i guadagni. Se un luogo storico artistico non lo rendi aperto a guadagni, investimenti, ricerche, speculazioni, che motivano lavori, occupazioni, sponsorizzazioni, specializzazioni, reti di rapporti con i commercianti, i banchieri, gli albergatori, i gestori di siti online, le guide turistiche a pagamento (non solo i volontari tappabuchi delle carenze di Stato), noi avremo sempre arte e cultura bollata dall'Unesco ma essenzialmente sterilizzata nelle sue mille potenzialità espressive, economiche, comunicative, turistiche, conoscitive. Va benissimo la moda dell'Unesco, ma dopo aver ricevuto la coccarda, diamo questi luoghi a società srl, spa, aziende, cooperative, fondazioni, associazioni. Imponiamogli solo che questi luoghi debbano continuare ad essere pubblici, visitabili, costantemente frequentabili da tutti, ben custoditi. Solo questo imponiamogli. Il resto devono avere mano libera. Quando fate l'amore, lo fate a distanza? No. Lo fate unendovi, toccandovi. Ecco la stessa cosa deve accadere all'arte. Il ministero dei Beni culturali è un amante distante, lontano, spesso indifferente. Un amante da cassare. Diamo il patrimonio storico artistico agli amanti veri, a chi ne ha desiderio.

Il desiderio (di ricerche, di guadagni, di interessi, di promozioni, di lavori, di profitto) è il fuoco che accenderà l'arte molto più di mille bollini Unesco.

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