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Non c'è bisogno di nuove invasioni africane

Non solo non abbiamo carenza di forza lavoro, ma la scarsità di posti danneggia maggiormente i giovani e le donne

Non c'è bisogno di nuove invasioni africane

Nell'Eurozona l'afflusso di lavoratori «dai nuovi stati membri dell'Ue» durante la ripresa ha contribuito in modo «positivo» alla popolazione in età lavorativa. Così afferma la Bce, nel suo bollettino mensile.

Questa affermazione, che alcuni media presentano in modo distorto, sostenendo che essa riguarda ogni tipo di immigrati e quindi specialmente i flussi di arrivi dalla costa africana, con i barconi dei trafficanti di carne umana, ha un significato opposto. Si riferisce agli arrivi di persone che hanno già lo status di cittadini europei, con l'istruzione obbligatoria, e altri doveri provenienti in genere dall'Europa dell'Est , con una tradizione cristiana - cattolica, ortodossa o protestante - che condividono i nostri valori.

Facendo parte legalmente della Comunità europea, queste persone ne condividono diritti e doveri; pertanto non hanno bisogno di uno ius soli, per avere diritti civili e politici pari ai nostri. Il termine «immigrati», in questo caso, non ha il significato di estranei, come in genere, quando si discute di flussi migratori, che arrivano sulle nostre coste e super affollano i centri di accoglienza.

Quando si dice che l'Italia, dato il calo delle nascite, ha bisogno di immigrati, si dice una cosa esatta, se considerano tre fattori essenziali: una crescita del Pil robusta, che riduca la disoccupazione a livelli minimi, senza squilibri regionali, la condivisione di valori comuni, la libera scelta di lavoro sul lato della domanda e dell'offerta, nel rispetto della legalità. C'è, dunque, un problema di cui molti si dimenticano. È vero che, come scrive Eurostat, il tasso di fertilità delle donne in Italia, nel 2015, è solo di 1,33 contro la media Ue di 1,55 e che solo in Francia c'è un tasso di fertilità che sfiora 2. Ma è anche vero che in Italia la disoccupazione è sopra l'11%. In Europa deteniamo il record delle basse nascite insieme a Spagna e Portogallo, perché non è facile trovar lavoro onde metter su una famiglia.

Si dirà che anche in Francia, ove le nascite assicurano la stabilità della popolazione, c'è una disoccupazione notevole, cioè attorno al 9% contro il nostro 11%. È vero: ma in Francia c'è una quota molto maggiore di popolazione che fa parte della forza lavoro: si tratta del 70% degli uomini e del 65% delle donne in età lavorativa (fra i 15 e i 64 anni). In Francia, a parità di disoccupati, c'è una maggiore quota di adulti occupati che in Italia.

Presso di noi c'è una quota di forza lavoro sulla popolazione fra i 15 e i 64 anni pari al 65% degli uomini e al 47% delle donne, cioè il 56% degli adulti. In Italia abbiamo anche un record di disoccupazione giovanile e di giovani scoraggiati, che non cercano lavoro. Mettendo insieme i giovani senza lavoro, le donne meno occupate degli uomini e considerando la disoccupazione all'11%, si capisce che non regge la tesi per cui senza gli immigrati non si potrebbero pagare, in futuro, le pensioni.

Non solo non abbiamo carenza di forza lavoro, ma la scarsità di posti danneggia maggiormente i giovani e le donne: salvo quelle con istruzione universitaria, che, dice la Bce, stanno dando un contributo alla crescita e all'occupazione essendoci più laureati donne che uomini, sia in Ue che in Italia. Altra contraddizione: si sta elevando l'età pensionabile oltre i 64 anni, a causa dell'aumento della longevità.

A parità di occupati, perciò, si riducono i posti nuovi. Chi sostiene che occorrono gli immigrati, per occupare i posti, dovrebbe innanzitutto preoccuparsi di come crearli, con un mercato del lavoro meno incatenato e più orientato al merito; e con meno imposte oppressive.

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