Monsignor Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina, il presidente Zelensky è appena stato in Italia, dove ha incontrato la presidente Meloni e Papa Leone XIV. Come vede l'avanzare delle trattative per la pace?
"Sento molte voci che dicono che questa è la prima volta in quattro anni di guerra che si stanno facendo delle vere trattative serie. Questa è una guerra che si combatte in Europa ed è questo il continente che sente di più sulla propria pelle le conseguenze del conflitto. Non è possibile costruire la pace quando ci sono solo due o tre attori a lavorarci".
Papa Leone ha parlato dell'Italia come mediatore per la pace
"Anche qui a Kiev si percepisce il tentativo dell'Ambasciata italiana e della Farnesina di fare da trait d'union tra Stati Uniti ed Europa. Noto questo sforzo italiano a a fare da ponte tra le varie posizioni e questo sarebbe un grosso vantaggio. Ne ha parlato anche Papa Leone sul volo di ritorno dal Libano e non penso che fosse solo un invito, era forse già un apprezzamento per ciò che l'Italia facendo".
L'Italia riuscirà nell'impresa?
"Speriamo che possa esserci un buon risultato. È certamente un bene che l'Italia si stia impegnando perché conosce l'Ucraina e la Russia: questa conoscenza delle due parti, dal punto di vista culturale, economico e politico, mette l'Italia in condizione di poter contribuire alla pace. Ci sono delle potenzialità non sfruttate a pieno e penso che possa essere utile mettere in campo tutte le risorse".
L'Europa però è stata isolata da Trump e Putin, è una mossa saggia?
"Non entro nelle questioni politiche. Posso però dire che mentre le istituzioni continuano a discutere e a litigare, la gente continua a morire. Sono stato in una riunione con l'ufficio dell'Alto Commissario per i Diritti Umani dell'Onu ed è stato segnalato che a Kiev il numero di morti e feriti tra i civili in questo 2025 è cresciuto cinque volte in più rispetto all'anno scorso. Più ci si avvicina alla linea di combattimento, più ci si trova di fronte a intere città che stanno lentamente morendo".
Il Vaticano è in qualche modo coinvolto direttamente nelle trattative?
"Non siamo coinvolti nelle discussioni politiche, ci occupiamo più degli aspetti umanitari e spirituali. Preghiamo per la pace ed è un aspetto fondamentale, perché quando il diritto internazionale cede e cede anche la comunità delle nazioni, cosa ci rimane? Si spera che Dio ci aiuti! Sarebbe eccessivo lasciare tutto solo nelle mani di Dio, ma per questa guerra così difficile pongo la speranza nel Signore e non più nelle persone umane".
Il Papa con Zelensky ha parlato ancora di pace giusta e duratura.
"Esatto, questo è il nostro auspicio e per raggiungerla è necessario che tutti siano coinvolti nel processo di pace. Come ha detto il Santo Padre non è realista un accordo senza l'Europa".
Questa guerra sta danneggiando anche il dialogo tra cristiani?
"Il Papa durante il suo viaggio in Turchia e Libano ha insistito tanto sul fatto che la religione e la fede non possono giustificare le guerre. Penso che sia stato un modo molto diplomatico per sottolineare che la preghiera e le fede devono costruire la pace e non le guerre".
Questo Natale può essere un punto d'arrivo per le trattative di pace?
"Lo spero! Ho conosciuto due difensori dei diritti umani ortodossi che la scorsa Pasqua sono diventati cattolici. Perché? Hanno risposto: Perché abbiamo visto i bombardamenti della Domenica delle Palme.
Ecco, le bombe influiscono sulle scelte religiose di alcune persone. Quando cadono i missili la gente si interroga ancora di più sul senso della guerra. E qui purtroppo ormai non sappiamo più com'è la vita senza la guerra, ci siamo troppo abituati al male e alla morte".