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Non si placa l'ira della Meloni. E ora si apre il nodo leadership

Giorgia accusa Tosi: "Ci vuole fuori dall'allenza?". Attesa per il vertice tra i leader sul post Comunali

Non si placa l'ira della Meloni. E ora si apre il nodo leadership

Il centrodestra si interroga sulle regole da seguire in vista delle elezioni politiche. Tra le questioni sul tavolo, ce n'è una che pesa di più: la scelta dei criteri per la leadership. Ieri Giorgia Meloni ha detto la sua sullo stato di salute della coalizione: «Bisogna vedersi e parlare con chiarezza su come proseguire, guardando avanti e non guardando dietro», ha premesso, durante un'iniziativa dell'Ecr, a Roma. L'ex ministro della Gioventù vorrebbe accelerare sul summit. «Penso che vadano fatte alcune riflessioni, e che non vadano fatte polemiche, soprattutto a mezzo stampa», ha aggiunto. Poi la stoccata diretta all'ex sindaco di Verona Flavio Tosi: «Leggo oggi un'intervista di un esponente di Forza Italia che dice che bisogna liberarsi di Fdi. Vorrei sapere se è la linea ufficiale di Forza Italia, oppure no. Ovviamente non lo credo». Fonti della Lega hanno fatto presente che, per quanto riguarda il pensiero di Matteo Salvini, il vertice andrebbe svolto il «prima possibile». Anche per analizzare alcune sconfitte dovute a «divisioni poco spiegabili». Il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani ha affrontato l'argomento «coalizione» a Un Giorno da Pecora: «Il centrodestra quando non è unito di solito perde e il grande federatore del centrodestra è Berlusconi», ha detto. La parola d'ordine - che l'europarlamentare ha ripetuto - è sempre «unità». Poi l'ex presidente del Parlamento europeo si è soffermato su un aspetto che preoccupa, ossia il dato relativo alla bassa partecipazione elettorale: «Sono stati commessi degli errori, il primo che è stato commesso da tutti è quello di non aver abbastanza ben compreso cosa accade in Italia, dove soltanto 4 elettori su 10 vanno a votare». Sui toni trionfalistici del cosiddetto campo largo, invece, la realtà continua a prevalere sulla narrativa che Enrico Letta ha provato a cavalcare: «Il centrodestra - ha proseguito Tajani a Radio Uno - ha vinto al primo turno, nel secondo non siamo andati bene ma il vero problema è l'assenza di cittadini dalle urne. Complessivamente direi che abbiamo pareggiato, quando i numeri sono così non vince nessuno». Quali sono, però, gli orientamenti dei tre partiti sulle regole interne da predisporre per le politiche? Per gli azzurri, il leader dev'essere un vero «federatore». Tra le fila di Forza Italia si usa spesso ricordare di quando Berlusconi passò la palla alla Lega, che ai tempi aveva percentuali più basse, affinché il Carroccio potesse esprimere il candidato alla presidenza della Regione Lombardia. Pure per questo motivo «monopolizzare» - per così dire - non è ritenuto un atteggiamento proprio di chi svolge la funzione di guida della coalizione. Attenzione poi ad un ulteriore aspetto che filtra dagli azzurri: le amministrative, per un lungo elenco di fattori che interessano la presenza delle civiche, le eccezioni territoriali ed altre differenze del caso, non andrebbero utilizzate per deliberare su meccanismi generali.

Anche la posizione della Lega di Matteo Salvini è nota: l'ex ministro dell'Interno ripete da tempo che il leader della coalizione verrà scelto dagli elettori. Fonti leghiste hanno confermato che il ragionamento è rimasto sempre lo stesso. La Meloni, che è sempre per la regola secondo cui la leadership spetta a chi ottiene più consensi, ieri ha osservato quanto segue rispondendo ad una domanda sul ruolo da «federatore» di Silvio Berlusconi: «Noi vorremmo essere tutti federatori del centrodestra. A me interessa la sostanza, lavorare per l'unità della coalizione.

Poi su tutto il resto si lavora».

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