Non solo Gaza, ora c'è Giulia. Nuovi pretesti anti Meloni

Dopo la guerra e le riforme, manifestazioni contro il patriarcato. Ogni occasione è buona per puntare il dito contro il governo

Non solo Gaza, ora c'è Giulia. Nuovi pretesti anti Meloni
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In principio era l'antifascismo, poi la scuola del merito, nelle ultime settimane la Palestina, infine il tragico omicidio di Giulia Cecchettin, ogni occasione è buona per i collettivi studenteschi per puntare il dito contro il governo. Non bastano le accuse agli uomini, al patriarcato, alla «mascolinità tossica», alla «cultura machista» da parte del mondo politico e culturale progressista, all'appello non potevano mancare i collettivi per strumentalizzare l'uccisione di Giulia.

Neanche il tempo di archiviare le proteste contro Israele e le occupazioni delle università pro Palestina, che a finire sul banco degli imputati sono gli uomini e la destra. A Roma il Liceo Machiavelli è stato occupato saldando la protesta per la Palestina a quella nei confronti del patriarcato: «Per Giulia e per tutte, per il popolo palestinese, per chiunque venga oppresso da questa società e da questo sistema continuiamo a mobilitarci nelle scuole, nelle università e nei quartieri per conquistarci diritti e tutele! Mai più vittime» hanno scritto le studentesse di «Donne de borgata».

In vari licei romani sono stati organizzati sit-in «per Giulia e per tutte. Mai Più Vittime! Liberiamoci dalla violenza. 25 novembre in piazza». Si tratterebbe di iniziative meritevoli se non fosse il tentativo di rendere un tema come la violenza contro le donne di parte. Nell'annunciare «una giornata di rabbia nelle scuole e nelle università» per oggi «verso e oltre la manifestazione nazionale del 25 novembre indetta da Non una di meno», i giovani del collettivo Osa hanno spiegato: «Dopo la notizia dell'ennesimo femminicidio non possiamo che manifestare tutta la nostra rabbia affinché non accada più. Giulia Cecchettin era una nostra coetanea, mancavano pochi giorni alla sua laurea. Un bravo ragazzo l'ha uccisa, dimostrando nuovamente che questa società marcia, fatta di individualismo, competizione e sopraffazione, si rafforza nella volontà di possesso e nel dominio patriarcale».

Come se non bastasse il riferimento al dominio patriarcale, hanno poi puntato il dito contro il governo Meloni: «Vogliamo farci sentire anche contro le strumentalizzazioni da parte del Governo Meloni e della classe politica di questo paese».

Alla Sapienza l'associazione Sinistra Universitaria Sapienza ha organizzato una manifestazione «per ricordare con rabbia e con amore Giulia Cecchettin e tutte le vittime del patriarcato», tra i cartelli si legge: «Quanti sacrifici ancora sull'altare del patriarcato?» e «Non faremo minuti di silenzio. Bruceremo tutto».

Al sit-in è stato ricordato anche che oggi è il «Transgender day of remembrance», il giorno del ricordo per le vittime di «transfobia». Anche a Padova, dove Giulia studiava, è stata ricordata in una manifestazione. Per il movimento «Non una di meno» invece «la matrice della violenza che ha ucciso Giulia Cecchettin e le persone trans è la stessa: patriarcale».

Non è un caso l'enfasi che si pone in queste ore sul tema dell'educazione sessuale o «affettiva» nelle scuole, il rischio è che dietro una imprescindibile educazione ai giovani contro la violenza sulle donne si nasconda il tentativo di promuovere il gender o di mettere in discussione il concetto di famiglia. Nell'annunciare le manifestazioni di Roma e Messina il 25 novembre, Non una di meno ha attaccato l'esecutivo scrivendo «mentre il governo parla di testa sulle spalle, di condotta morale e inasprimento delle punizioni, noi vogliamo una presa di coscienza transfemminista, educazione sessuo-affettiva nelle scuole».

Eppure questa politicizzazione e lettura ideologica

dell'omicidio di Giulia Cecchettin e, in più in generale della violenza contro le donne, non solo non è corretta ma è controproducente poiché rischia di creare divisioni e una polarizzazione che andrebbe in tutti i modi scongiurata.

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