Politica

Il Nord licenzia i gialloverdi: frenano una crescita del 2%

Aria di rivolta: la locomotiva del Paese soffre per l'immobilità del governo su tasse, opere e autonomia

Il Nord licenzia i gialloverdi: frenano una crescita del 2%

Fino a pochi giorni fa, un vicepremier che prende carta e penna e scrive a una ventina di lettere ad altrettanti quotidiani del Nord non s'era mai visto. Soprattutto perché le missive di Matteo Salvini sono diverse, «tagliate» sulle esigenze dei diversi territori, ma hanno un punto in comune: l'origine. «Egregio direttore - così attacca il ministro dell'Interno - sul suo giornale ho letto critiche al governo espresse da sindacati e imprese». Il che mette il sigillo su due fenomeni: il malessere del Nord e la saldatura tra impresa e lavoratori. Qui la crescita del Pil sfiora il 2 per cento e l'occupazione sale a un ritmo del +1,3 per cento: in quest'area che produce, esporta e garantisce posti di lavoro aumenta di pari passo anche l'insofferenza verso il governo gialloverde. La manifestazione pro-Tav di Torino sarà replicata il 15 dicembre a Verona mentre giovedì 13 a Milano scenderanno in piazza artigiani e piccoli imprenditori di tutta Italia e ieri c'è stata un'altra protesta nel capoluogo piemontese. Un mal di pancia fatto soprattutto di delusione verso la Lega, che al Nord miete voti promettendo cose che poi non mantiene. Il dossier della «questione settentrionale» s'ingrossa di giorno in giorno.

GRANDI OPERE Il Nord non può perdere il treno dell'alta velocità: Torino-Lione, Genova-Rotterdam, galleria del Brennero. Il Nordovest non può restare troppo a lungo senza un viadotto autostradale che sostituisca il ponte Morandi crollato a ferragosto. Lo sviluppo delle grandi tratte commerciali passa per la pianura padana, ma il governo nicchia: vuole le analisi costi-benefici. Intanto, dal Piemonte alla Venezia Giulia gli imprenditori fremono nella paura di restare tagliati fuori dai flussi mercantili del futuro, che in realtà non è così lontano.

IMU Sui capannoni industriali vuoti si pagano tasse anche se essi non producono reddito e non vengono affittati. Per le aziende che li hanno fatti costruire e li possiedono ma non sono in grado di sfruttarli per colpa della crisi è una zavorra spesso insostenibile. La Lega aveva garantito esenzioni, che da totali sono rimbalzate prima al 20 per cento e ora al 40. Addio promesse.

FLAT TAX Era stato un cavallo di battaglia in campagna elettorale al quale gli imprenditori del Nord avevano creduto moltissimo: un'aliquota unica, bassa, per contribuenti e imprese, in modo da alleggerire il carico fiscale di chi produce e favorire il reinvestimento delle risorse nel circuito della produzione e del consumo. Per ora la novità è limitata alle partite Iva con un prelievo del 15 per cento fino a un fatturato annuo di 65mila euro. Per gli altri, aspetta e spera.

ASSUNZIONI Il decreto Dignità, voluto da Luigi Di Maio e subìto da Matteo Salvini, che doveva eliminare il precariato, ha funzionato all'opposto: ha complicato le assunzioni e dimezzato gli assunti a termine. Nel senso che metà dei contratti a tempo determinato non sono stati rinnovati. Imprenditori e artigiani che speravano in un alleggerimento della burocrazia sul lavoro e che cercano manodopera qualificata sono stati traditi.

ASSISTENZIALISMO Il reddito di cittadinanza non è affatto popolare al Nord. Non solo perché finirà in larga parte al Sud, ma soprattutto perché rappresenta un ulteriore disincentivo a lavorare. Un disoccupato che prenderà un sussidio di 780 euro al mese non avrà molto interesse ad accettare un impiego - poniamo - da 1.200 euro: andare a lavorare per 420 euro (questo sarebbe il suo vero guadagno) non conviene. Meglio incassare il sussidio e continuare a fare qualche lavoretto in nero.

MANOVRA La legge di bilancio, che indica i settori su cui punta l'esecutivo, non contiene interventi a favore delle imprese. Le misure sulle quali Lega e Cinque stelle non transigono sono reddito di cittadinanza e cancellazione della legge Fornero. Secondo un recente calcolo del centro studi degli artigiani di Mestre, la manovra costerà al mondo produttivo 6,2 miliardi di euro, di cui 4,5 sulle aziende industriali e commerciali e 1,8 su banche e assicurazioni. Il 40% delle risorse andranno a Sud e questo non aiuta certo il Nord a mantenere i livelli di produttività e competitività.

SPREAD Lo spauracchio che periodicamente minaccia l'economia italiana. Qui ad alimentare gli incubi degli imprenditori del Nord è intervenuta addirittura Milena Gabanelli, giornalista apprezzata dai Cinque stelle: tra perdita di valore dei risparmi, rincaro dei mutui e maggiori spese per interessi sostenuti dallo Stato, si stima un conto complessivo di almeno 10 miliardi di euro nel 2019.

EUROPA Bruxelles è una madre matrigna che ha trattato male l'Italia sull'immigrazione e pretende sacrifici impossibili nella finanza pubblica. Però le imprese del Nord richiedono attenzione: gran parte del Pil di queste zone è fatto sull'export del made in Italy e i Paesi dell'Unione restano i maggiori partner commerciali delle imprese italiane. Inimicarsi troppo l'Ue potrebbe avere conseguenze negative per l'interscambio.

AUTONOMIA Nell'ottobre 2017 Veneto e Lombardia hanno chiesto maggiore autonomia per le regioni a furor di popolo. L'Emilia Romagna si è aggregata senza referendum. Nel governo c'è un ministro leghista per gli Affari regionali e le autonomie, Erika Stefani, ma passi avanti concreti non se ne sono ancora visti. Salvini ha promesso provvedimenti entro la fine dell'anno.

Intanto il Nord freme.

Commenti